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Festival del Futuro - La sessione sul rapporto uomo-macchine intelligenti

«La tecnologia ci deve fare paura? Assolutamente no»

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Festival del futuro a Verona
Festival del futuro a Verona
Intervista a Andrea Cuomo

Nella terza sessione del Festival del Futuro al centro del dibattito c'è "L'evoluzione del rapporto fra uomo e macchine intelligenti tra promesse e minacce".

 

«La tecnologia ci deve fare paura? Assolutamente no». Ad affermarlo, al Festival del futuro a Verona, è stato Salvatore Majorana, direttore del parco scientifico e tecnologico Kilometro Rosso. «La tecnologia ha già dimostrato di essere orientabile verso la sostenibilità - ha aggiunto -. Con l’Istituto italiano di tecnologia proviamo a sviluppare progetto collaborativo con 10 aziende» ha spiegato, mostrando dipendenti al lavoro per insegnare alcuni lavori a delle macchine, che, una volta imparato, «scaricano l’uomo dalla fatica».

Andrea Cuomo, fondatore di Sacertis, dopo avere osservato come «l’interazione tra uomo e macchina esista da sempre, dalla ruota» ha sostenuto come abbia «aiutato l’umanità a sollevarsi dai lavori faticosi, poi progressivamente dal lavoro non creativo. Adesso - ha concluso - sta cambiando il mondo e stiamo cominciando ad automatizzare dei lavori creativi con l’intelligenza artificiale: sono macchine che non si programmano più, ma si educano, capiscono il contesto e imparano».

Altro aspetto, evidenziato da Alfonso Fuggetta, ceo di Cefriel, è stato quello degli incidenti sul lavoro. «Perché certi lavori non sono spariti prima?» si è domandato e ha indicato come fondamentali la scelta degli indirizzi giusti di studi e investire in ricerca di base, non mancando di ricordare come «le tecnologie si pagano».

«Non è solo questione di stipendi, ma anche di ciò che si dà per il futuro - ha detto invece Ivo Boniolo, Co-founder e-Novia -: se tra me e mio padre ci sono una o due generazioni, tra me e le mie figlie ce ne sono quattro o cinque. Un’impresa è una somma di persone, non solo di scrivanie e di tecnologie. Abbiamo investito in quella che chiamiamo utilità collaborativa. Il problema della mobilità oggi è esperienzale: le persone si spostano per fare esperienza».