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Keynote speaker: Giulio Molon

Il cuore che verrà: le staminali che sostituiscono il pacemaker e la cura delle aritmie da remoto

Giulio Molon (foto Marchiori)
Giulio Molon (foto Marchiori)
Festival del Futuro - intervista a Giulino Molon

Al festival del futuro è il turno del Keynote Speaker Giulio Molon, Direttore UOC di Cardiologia, IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, Negrar (Verona).

«Oggi per un cuore che batte lentamente abbiamo il pacemaker, il primo è stato impiantato nel 1958 a uno svedese per il quale erano state provate diverse terapie. Già in quegli anni si pensava che il cuore potesse essere stimolato. Lo si volle fare indipendente dalla rete elettrica per evitare le conseguenze di black-out. Lo fecero partendo da una scatola di scarpe dove venne fusa della resina.

Da allora ne abbiamo fatta di strada, oggi è una procedura che si fa in 40 minuti, con pacemaker che si adattano alle necessità del nostro corpo. E possono essere monitorati da remoto, con l'equipe medica che può dare indicazioni al paziente: questo ha fatto sì per il paziente che essere più coinvolti nella propria terapia  permette di gestirla meglio

Il primo controllo da remoto l'abbiamo fatto nel 2018 a Negrar, con un'anziano al quale è stato dato uno smartphone per comunicare con noi. Adesso si utilizzano anche delle App. Abbiamo anche inserito un geolocalizzatore che permette di indicare dove dirigersi se si sta male

Ora si punta a creare in laboratorio cellulare staminali da impiantare con capacità di generare autonomamente il battito. Una prospettiva più vicina e realizzabile è un pacemaker in grado di autocaricarsi da solo

Oggi per le aritmie si usa una procedura invasiva, l'ablazione, con la quale si usano anche radiazioni. Un ingegnere ha pensato di creare delle mappe del cuore attraverso i satelliti e il sistema «raggi zero». Ci sono degli adesivi sulla pelle del paziente, all'interno del quale ci muoviamo per capire dove colpire l'aritmia senza dover far raggi. In futuro si punta a ridurre il personale per farle e i tempi: con un giubbetto cosparso di elettrodi possiamo individuare le aritmie e colpirle con la radioterapia in maniera non invasiva».