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L'ALTERNATIVA

Pesce e pollo,
la svolta bio
«Sani e di qualità»

Spigole, orate, trote, ma anche cozze e vongole dal sapore «diverso» allevati in modo biologico nel mare e in acque dolci. È la nuova frontiera di un modello produttivo che, dopo frutta, verdura e formaggi, sta prendendo piede nell’acquacoltura, un comparto però ancora poco conosciuto dai consumatori nonostante il salto qualitativo compiuto dal settore pesce d’allevamento, ormai quasi tutto prodotto in mare aperto e non più in vasche. A metterlo in luce è il Crea, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, che ha lanciato «Fish&Chicken». Una campagna informativa che, col supporto del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, valorizza anche il pollo, altro prodotto di punta del bio, per svelare i segreti di queste produzioni sane e di qualità. «Il pesce allevato in Italia», sottolinea Domitilla Pulcini, ricercatore del Crea Zootecnia e Acquacoltura, «ha raggiunto un livello di elevata qualità, sia sotto il profilo nutrizionale, sia sotto quello della sostenibilità». Allevare in modo bio, spiegano i ricercatori, significa avere una densità minore rispetto al prodotto convenzionale, con spazi più larghi nelle gabbie di allevamento in mare aperto dove il pesce, avendo la possibilità di nuotare sviluppa una muscolatura più soda che produce carni più compatte e quindi «diverse» e saporite; una bassa densità di allevamento che si riflette poi anche in un minor impatto ambientale. Altro capitolo sono i mangimi in uso negli allevamenti della green economy: sono costituiti da ingredienti di origine animale e vegetale anch’essi bio. Certo, i numeri per ora sono esigui, osservano i ricercatori del Crea Zootecnia e Acquacoltura, Domitilla Pulcini e Fabrizio Capoccioni: «Siamo a 5 mila tonnellate per i mitili, 910 tonnellate per la trota e 100 tonnellate tra spigola e orate. Produzioni ancora di nicchia che coprono il 3% del totale nazionale di pesce allevato, ma destinato a crescere. Ad oggi l’Italia è al terzo posto in Europa per volumi prodotti». La maggior parte delle aziende certificate bio, sottoposte a regole to stingenti, si trovano nel Nordest, dal Friuli Venezia Giulia, Veneto fino all’Emilia-Romagna, ma anche in Toscana, Trentino Alto Adige, Lazio e Calabria. Più avanzato il fronte del pollo bio, caratterizzato da un’attenzione al benessere degli animali, alle loro esigenze fisiologiche, passando dalla riduzione dell’impatto ambientale all’attenzione per il mangime. La produzione oggi si attesta in circa 4 milioni di polli su un totale di 520 milioni, numeri destinati ad aumentare nei prossimi mesi, visto che due grandi produttori entreranno in un questo segmento. La Gdo (grande distribuzione) stima che tra il 2016 e il 2018 i consumi di pollo bio cresceranno del 30%, a parità per quelli allevato in modo convenzionale. «Il pollo bio», spiega la ricercatrice Monica Guarino Amato, «è un prodotto di qualità perché il divieto di utilizzare antibiotici e l’obbligo di dotarsi di grandi spazi all’aperto dove gli animali possono razzolare liberi, conferiscono elevati elementi nutrizionali; basti pensare che i polli ruspanti hanno carni ricche di antiossidanti e in particolare di Omega tre». 

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