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L'avvistamento

In Val d'Illasi scoperta una nuova farfalla svernante: è la Lasiommata megera

Immortalata lo scorso 21 febbraio dal naturalista Silvio Scandolara a 390 metri di quota, tra i confini del comune di Tregnago, sul versante della Val Tramigna
Lasiommata megera, un nuova farfalla in Val d'Illasi
Lasiommata megera, un nuova farfalla in Val d'Illasi
Lasiommata megera, un nuova farfalla in Val d'Illasi
Lasiommata megera, un nuova farfalla in Val d'Illasi

Una nuova farfalla svernante ha scelto di trascorrere l’inverno in Val d’Illasi. Si tratta della Lasiommata megera immortalata lo scorso 21 febbraio dal naturalista Silvio Scandolara a 390 metri di quota, tra i confini del comune di Tregnago, sul versante della Val Tramigna. L’esemplare, maschio, svolazzava in una piccola radura molto riparata dalle correnti e ben rivolta al sole. 

All’occhio dell’esperto non è sfuggito un dettaglio, una volta osservato lo scatto che è riuscito a conquistare con un click repentino: «La farfalla aveva le ali molto rovinate e graffiate. L’usura era tale da indurmi a pensare che questa farfalla avesse passato l’inverno da adulto. Sebbene non indicata nell’elenco delle dieci specie considerate ufficialmente svernanti, ho pensato valesse la pena segnalare al dipartimento di biologia dell’Università di Padova questa osservazione». 

Qualche giorno di attesa ed è arrivata la conferma: la «Lasiommata megera», riferisce il naturalista, «non era mai stata segnalata in provincia di Verona e tantomeno a una quota collinare in tutto il Veneto. Il dato era avvalorato dallo stato di usura delle ali, molto rovinate, quindi la segnalazione era da considerare con la massima attenzione in relazione a un comportamento mai documentato in precedenza».

Il cambiamento climatico

Di mezzo, ancora una volta, c’è il cambiamento climatico. A causa degli inverni particolarmente miti, chiarisce, «questo esemplare della famiglia delle Nymphalidae e a cui appartengono otto farfalle svernanti, ha trovato le energie per sopravvivere nei mesi freddi. Le ali particolarmente rovinate indicano che la specie non ha adottato in precedenza strategie per ripararsi in modo adeguato al clima comunque freddo». Inoltre, questo lepidottero è stato segnalato fino a dicembre e non oltre sul litorale adriatico veneto. 

«È possibile che, in combinata con l’anticipo delle fioriture e con la possibilità di alimentarsi regolarmente, questa specie modifichi gradualmente il suo comportamento». 

Tutto ciò avviene in un momento storico di innalzamento quasi violento delle temperature, specie in inverno, che dovrebbe essere superato dalla larva ovvero dal bruco (comunemente si chiama così) nato da uova deposte in autunno; dopo essersi alimentato, il bruco trascorre i mesi invernali nel terreno per poi completare il ciclo vitale entro fine marzo e inizio aprile, diventando farfalla. «La natura cerca di correre ai ripari modificando i comportamenti in base alle mutate situazioni. Forse questa potrebbe essere una speranza», osserva il naturalista.

Potrebbe non essere il primo caso

«Il fatto che sia questa sia la prima segnalazione non presuppone sia il primo caso», ammette Scandolara. Segnala che purtroppo mancano persone appassionate nel documentare le loro osservazioni, nel collaborare con musei e università, nel raccogliere dati in modo corretto usando la geolocalizzazione e la fotografia. «Soltanto la profonda conoscenza del territorio, la meticolosa e paziente ricerca porta a valorizzare le osservazioni», conclude. Con un appunto: «Ho incontrato alcuni conoscenti proprio nelle vicinanze del mio avvistamento e non si sono accorti che c’erano varie farfalle in volo». Oltre alla «Lasiommata megera» elenca: una «Vanessa atalanta», una «Pieris rapae» detta cavolaia minore, una «Libytea celtis» nota come sfinge del bagolaro, una «Nymphalis polychloros» vanessa multicolore.

 

Marta Bicego

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