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TESTIMONE DI SPERANZA

«Tre anni fa dovevo morire. Ma sono qui»

Angiola Petronio
Angiola Petronio
Angiola Petronio
Angiola Petronio

Raccontare è il suo lavoro. Accarezzare con le parole anche i particolari più crudi, più tristi, più dolorosi, il suo talento. Eppure, a lui - il cancro - che l’ha colpita tre anni fa e in una delle sue forme più aggressive, ha dedicato un solo articolo. Per dirgli a chiare lettere e già dal titolo, a scanso di equivoci: «Sei il mio nemico, non perdo il mio tempo a parlare di te».

 

Per loro, invece, la giornalista Angiola Petronio, una vita a tu per tu con la cronaca nera, spende fiumi di parole. Perché “loro” sono i ricercatori. «Le persone», dice, «a cui devo la mia vita». E questo racconto comincia senza eufemismi. «Tre anni fa, dovevo morire. Al temine di una visita senologica di controllo che svolgo ogni anno come screening, trovano qualcosa che non va. È un cancro. Maligno. Infiltrante. Un tumore liquido, impossibile da sentire con l’autopalpazione, che pure facevo. E se in generale la sopravvivenza con una diagnosi di tumore al seno oggi è piuttosto alta, il tipo che ha colpito me è uno dei più pericolosi». Non c’è tempo da perdere, i medici programmano subito l’intervento. L’unico dato positivo è che il cancro è stato intercettato quasi sul nascere. «Ed è tutto merito della prevenzione», sottolinea Petronio.

 

«Avendo una storia di tumore al seno in famiglia, con la mamma e la zia materna che ci sono già passate, ho sempre svolto l’esame senologico completo, che comprende anche un’ecografia. Solo grazie a questo accertamento diagnostico i medici hanno intercettato la mia lesione, invisibile alla sola mammografia. E quando lo stadio della malattia è ancora iniziale, fortunatamente anche il percorso di cura e l’intervento chirurgico sono meno devastanti». Dopo l’operazione, comincia il calvario della radioterapia, dei farmaci, degli effetti collaterali pesantissimi e la vita fa i conti con la spada di Damocle dei controlli periodici. «La vita, appunto. Perché sono viva. E questa vita la devo a chi, con i suoi studi e le sue ricerche, ha permesso di stabilire un programma di prevenzione e di cura per questa patologia», prosegue la giornalista.

 

«Se sono guarita? Non lo posso ancora dire, sono in follow up (il periodo dopo la conclusione delle cure in cui il paziente è libero dalla malattia ma esiste il rischio di una ricaduta, ndr). Quello che so è che la diagnosi era infausta e invece sono ancora qui. Un’altra sfida che impegna oggi gli scienziati è infatti il tentativo di cronicizzare il cancro, rendendolo compatibile con la vita. Mi hanno anche chiesto se volevo partecipare a uno studio genetico per valutare il rischio di sviluppare il cancro a utero e ovaie e io ho risposto sì: se c’è qualcosa di positivo, in questa esperienza, è che possa servire anche agli altri. Insomma, anche la qualità delle cure e degli esami che vengono proposti ai pazienti è frutto della ricerca. E io ho piena fiducia in essa», ribadisce Petronio. Parte del merito, forse, va anche al padre Renato, uno dei fondatori della facoltà veronese di Medicina e decano della chirurgia endocrina in città, scomparso tre anni fa, due giorni dopo quella diagnosi che ha cambiato la vita della figlia. «Mi ha cresciuta a pane e ricerca», ammette Angiola. «Ricordo che parlando del cancro, quand’ero piccola, diceva: “Vedi, di questa malattia oggi si muore. Ma magari, in futuro…”. Beh, quel futuro è oggi. E la ricerca di oggi sono le cure di domani».

 

Intanto non si fermano le iniziative di Airc per reperire fondi per finanziare i suoi progetti di ricerca. Dopo la charity dinner «Natale nel piatto, Natale nel cuore», che ha visto al Due Torri i quattro migliori chef della città, Giancarlo Perbellini, Matteo Rizzo, Mauro Buffo e Sergio Speca, al servizio della causa, dal 13 al 15 dicembre tocca a «Mettiti in gioco per Airc», tre giornate alla Gran Guardia per bambini e famiglie con mostra di giochi in scatola antichi e di oggi e la possibilità di sfidarsi con la nuova edizione di Monopoly Verona, uscito nei giorni scorsi. Ingresso a offerta libera. Il 20 dicembre al Teatro Filarmonico, infine, spazio a «L’Infinito tour», concerto di Natale con Roberto Vecchioni, in collaborazione con Banco Bpm. Airc finanzia le ricerche dei migliori 5mila scienziati del nostro Paese con l’obiettivo di rendere il cancro sempre più curabile e che lavora per diffondere l’informazione scientifica sul tema e la cultura della prevenzione. Airc conta in Italia 17 Comitati, di cui quello per Veneto e Trentino Alto Adige ha sede a Verona. «Qui nel 2019 abbiamo raccolto attraverso manifestazioni, sponsorizzazioni, donazioni e il 5 per mille ben 11 milioni di euro», spiega il presidente Antonio Maria Cartolari.

 

«Oltre sei milioni e 300mila euro, in tutto, la cifra erogata ai ricercatori nel 2018 solo in Veneto, per il sostegno di 41 progetti. Per raccogliere fondi, oltre alle campagne nazionali come le Arance della salute e l’Azalea, abbiamo organizzato grandi eventi anche a Verona», aggiunge Cartolari. «Inoltre abbiamo firmato una partnership con Banco Bpm, sulla base della quale, contribuendo a grandi eventi di raccolta fondi sul territorio, l’istituto di credito contribuirà a sostenere la ricerca sui tumori femminili e su quelli pediatrici. Airc è tra le cinque associazioni scelte da «V.V.B per la vita», la maratona solidale del gruppo Athesis.

Elisa Pasetto

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