<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
MERCATI. Ricavi aumentati del 5,4% a fronte di un calo di quantità

Il 2015, anno d’oro per l’esportazione
su a 5,39 miliardi

Valeria Zanetti

Per l’export di vino italiano il 2015 è stato un anno da incorniciare. Le vendite sui mercati esteri, Regno Unito e Stati Uniti sul podio come destinazioni, hanno raggiunto i 5,39 miliardi (+5,4% sul 2014), pur a fronte di un calo di quantità. Complice la minor disponibilità di prodotto, la vendemmia 2014 non è stata tra le più generose, i volumi esportati risultano inferiori a quelli dell’anno precedente, attestandosi poco sopra ai 20 milioni di ettolitri. Gli spumanti sono i protagonisti del successo, con un valore di 985 milioni (+17%) e un volume scambiato di circa 2,8 milioni di ettolitri (+15%). La voce che comprende il Prosecco guida la domanda con un +30% a volume (oltre 1,8 milioni di ettolitri) e + 32% a valore (oltre 660 milioni).

Questi i dati dell’Osservatorio del Vino, elaborati su base Istat da Ismea e relativi alle esportazioni del comparto realizzate lo scorso anno. «L’Osservatorio aveva già previsto il trend, dimostrandosi strumento strategico e affidabile», commenta Domenico Zonin, presidente del progetto, nato in dicembre, promosso da Unione Italiana Vini - che rappresenta più del 50% del fatturato nazionale del commercio vinicolo e l’85% dell’export – con la partnership di Ismea, Sda Bocconi, Wine Management Lab, e la partecipazione tecnica di Wine Monitor Nomisma. «L’Osservatorio serve a delineare un quadro attendibile del vitivinicolo e a pianificare azioni aziendali ed istituzionali», prosegue Zonin, «Colpisce l’apprezzamento crescente della nostra produzione di qualità. Ciò evidenzia come la cultura del bere bene stia crescendo e, soprattutto, come il lavoro delle nostre aziende in termini di innovazione, sviluppo e ricerca sia ben percepito anche a livello internazionale».

Si marcia dunque nella direzione indicata dal premier Matteo Renzi, con l’obiettivo di traguardare i 7,5 miliardi di esportazioni entro il 2020.

La buona performance dell’export vinicolo si inserisce, osserva Ismea, in uno scenario positivo per l’agroalimentare italiano, che ha chiuso con introiti da vendite estere a 36,85 miliardi, +7,3% sull’anno precedente. Il vino afferma la sua centralità con una quota di circa il 15%. I mercati esteri richiedono vini in bottiglia Dop e Igp, mentre prosegue il calo per i vini comuni sfusi, in volume (4,9 milioni di ettolitri, -16,2% rispetto al 2014) e in valore (475mila euro, -12,3%).

Tra i mercati che assicurano performance migliori, gli Usa (+14% in valore, 1,3 miliardi) Regno Unito (+13,3% e 750 milioni), mentre la Germania, in flessione, rimane il primo sbocco per volume (5,5milioni di ettolitri; -6,7%) e il secondo per valore 961 milioni, -1,5% in valore.

Buone notizie anche da Oriente, con Giappone e Cina in testa con crescite in valore rispettivamente del 3,4% e del 18%.

Un sostegno non indifferente all’incremento delle esportazioni arriva dal rafforzamento del dollaro, fanno notare dal Wine Monitor, e della sterlina inglese che hanno permesso ai produttori italiani non solo di essere più competitivi sui due principali mercati mondiali di importazione, ma anche di garantirsi una plusvalenza dal tasso di cambio. «La crescita nell’export riguarda soprattutto gli spumanti», afferma Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma, «le cui vendite oltre frontiera aumentano sia sul fronte dei valori sia dei volumi per oltre il 10%. Sotto tono invece i vini fermi imbottigliati, che continuano comunque a rappresentare più del 75% del totale, mentre risulta in netto calo la vendita sui mercati stranieri dello sfuso, che trova la concorrenza del prodotto spagnolo, +10%».

In questo contesto, il Veneto si conferma prima regione esportatrice d’Italia per un controvalore, stimato da Wine Monitor e riferito ai primi 9 mesi 2015, di 1,3 miliardi, +10,3% sul 2014. Tasso superiore alla media nazionale, trainato dal successo del Prosecco. Verona, che non si caratterizza per produzione di spumanti, nei dati della Camera di Commercio, segna una leggerissima contrazione, -0,2%, sul mercato tedesco ma meno grave della media nazionale -5,4%, -10,4milioni. Il mercato tedesco si conferma primo sbocco del vino veronese: in Germania va il 20,9% delle esportazioni scaligere del settore, per un valore di 184 milioni.

Valeria Zanetti

Suggerimenti