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L'intervista

Zaia: «Rischiamo un lockdown economico, il governo aiuti le imprese»

Luca Zaia
Luca Zaia
Luca Zaia
Luca Zaia

Usa un’immagine plastica. «Abbiamo fatto musina, come Veneto e come Paese. Ora, in questa situazione drammatica, il Governo metta mano alla musina, stanziando fondi per sostenere le imprese, duramente colpite dalla crisi per la pandemia. Perché dobbiamo evitare un lockdown economico. Sarebbe disastroso». Luca Zaia, presidente della Regione, lancia un grido di dolore. Unito, però, a un programma e a un appello. Che dà seguito agli approfondimenti e al dibattito lanciato dal nostro giornale. Con imprenditori, parti sociali, parlamentari, intervenuti sul tema dei rincari delle materie prime, dell’energia, delle bollette.

 

Presidente Zaia, perché parla di lockdown economico?

Sia chiaro: come ho scritto nel mio libro “Ragioniamoci sopra. Dalla pandemia all’autonomia”, con il Covid c’è stato una specie di big bang della storia. Come le due guerre mondiali, il crollo del muro di Berlino o l’attacco alle torri gemelle. Con conseguenze pesantissime dal punto di vista sanitario, ma non solo.

Negli ultimi mesi c’è stato un fatto unico. Quale?

L’aumento consistente dei costi delle materie prime. Neanche il più esperto di flussi economici avrebbe potuto pianificarlo. Ormai si pagano a peso d’oro. Ed ecco perché, dopo il lockdown sanitario, si rischia quello economico.

Esempi?

Il mondo produttivo e quello del lavoro, già colpiti, stanno andando in crisi. E potrebbero fermare la produzione. Come i vetrai di Murano, che hanno aziende energivore, in particolare di gas. Ma sento di imprese che vogliono fermarsi e chiedono di procrastinare la cassa integrazione. Questo sarebbe un danno enorme.

Per chi, in particolare?

Per tutti. Perché se un’azienda ferma o rallenta la produzione, a cascata questo ricade poi su tutta la società. Su chi questi beni li produce, su chi li vende, e quindi sulla gente, sui lavoratori, sulle famiglie. Per questo serve un intervento pesante del Governo. Questa è la prima sfida.

Cominciando da dove, presidente?

Dalla proroga della moratoria, in scadenza, per restituire allo Stato e alle banche i fondi Covid, che per il Veneto sono cinque miliardi? Certamente, la moratoria è fondamentale. Ma con c’è solo quella.

Che cosa, allora, in più?

Sconti sull’Iva, intanto. Abbiamo parlato dei costi delle energia in aumento: ebbene, le multiutility sono in maggioranza a capitale pubblico e quindi su questo fronte qualcosa si può fare. Ma serve una regia nazionale, del Governo. E ricordiamoci: se il motore rallenta, e penso a regioni come il Veneto e la Lombardia, rallenta anche la macchina. Con gravi ricadute.

Tipo?

Prodotto interno lordo in calo, crescita che rallenta, meno occupazione, maggiori costi sociali. Insomma, si mettano in campo tutti gli strumenti per scongiurare i fermi produttivi.

Qualche dato?

Guardi, il Pil del Veneto è di 180 miliardi e nel 2021 è cresciuto del 6,9 per cento. Era stato una specie di rinascimento, visto cosa è successo nel 2020 e nel 2021. Ora però la previsione di crescita di cinque punti di Pil, per il 2022, rischia di dimezzare. E ciò significa decine di miliardi in meno.

La Regione che cosa può fare?

Intanto noi siamo l’unica Regione a tassazione zero, praticamente. Siamo all’1 per cento. Vuol dire che noi non preleviamo dalle tasche dei veneti un miliardo 179 milioni l’anno. Gli sforzi li facciamo. Il Pnrr è una risposta economica con i fondi comunitari. Ma, ripeto, ora serve una manovra finanziaria nazionale, attingendo dalla musina.

Lei voterà il presidente della Repubblica. E mai come stavolta questo si intreccia con le sorti del Governo. Ciò la preoccupa, con la situazione da lei delineata?

Mi lasci dire intanto che trovo sgradevole che il dibattito sul Quirinale si sia trasformato in un referendum pro o contro Draghi. Detto questo, il ct ritenuto migliore per uscire dalla crisi è stato Draghi. E chi meglio di lui potrebbe continuare a governare questa situazione?

L’autonomia del Veneto quanto inciderebbe positivamente per la ripartenza?

Fatelo dire a un veronese che prende l’Autobrennero e va fino a Bolzano...L’autonomia regionale è un cambio di paradigma. Del resto la prevede la Costituzione. E mi auguro proprio che il futuro Capo dello Stato sia un impenitente autonomista. Non certo un centralista..

Enrico Giardini

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