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Tragedia della Marmolada

Marmolada, rabbia tra i parenti dei dispersi e delle vittime: «Perchè non sono stati fermati?»

Erica Campagnaro, 45 anni, e Davide Miotti, 51, di Cittadella, gestivano un negozio a Tezze
Erica Campagnaro, 45 anni, e Davide Miotti, 51, di Cittadella, gestivano un negozio a Tezze
Erica Campagnaro, 45 anni, e Davide Miotti, 51, di Cittadella, gestivano un negozio a Tezze
Erica Campagnaro, 45 anni, e Davide Miotti, 51, di Cittadella, gestivano un negozio a Tezze

«I corpi di mia sorella e di mio cognato non sono stati ritrovati. Non devono smettere le ricerche, devono fare tutto il possibile, anche chiedendo aiuto a soccorritori e mezzi di altri Paesi. Li vogliamo qui. Questo è il nostro appello. Non avremo pace finché non saranno fuori dal ghiaccio».

Dopo una notte insonne nella casa di Cittadella, Silvia Campagnaro, sorella di Erica e cognata di Davide Miotti, affida a un messaggio whatsapp scritto all'alba la voglia di lottare ancora. Fino alla sera prima i familiari della coppia conosciutissima nel Bassanese per la gestione di un negozio di materiale sportivo a Belvedere di Tezze sul Brenta si erano ribellati all'idea che i due dispersi fossero deceduti. Mantenevano nei loro cuori una piccola speranza. Adesso hanno un nuovo obiettivo: potersi stringere per l'ultima volta intorno ai loro cari, che hanno lasciato due figli, Karen, di 24 anni, e un ragazzo di 16. È commossa, gentile e determinata, Silvia. E intende coalizzare intorno a questa sua forza i parenti degli altri dispersi. «Capiamo che le questioni di sicurezza vengano prima di tutto - racconta -. Ma non vogliamo credere che ci sia la possibilità che Erica e Davide vengano lasciati lì, per sempre, sepolti dalla montagna. Di loro, fino a questo momento, non è stato trovato nemmeno uno zaino, un oggetto. Ci conforterebbe poterli salutare un'ultima volta. Vogliamo un funerale qui: è il minimo che ci spetta. Cercheremo di fare fronte comune con i parenti degli altri dispersi».

La famiglia Campagnaro è sicura che all'estero si possano reperire tecnologie d'aiuto. L'altra sorella, Debora, ieri è salita a Canazei e ha gridato la sua rabbia: «Mio cognato era espertissimo. Se ci fosse stato solamente un segnale di pericolo non sarebbe partito con mia sorella lasciando a casa due figli. L'autorità predisposta a fermare le persone, visto il clima che c'era, esiste? Dov'è? E ora cosa stiamo facendo? Continuiamo con i droni, stiamo qua a veder passare gli elicotteri? D'inverno ci sono i bollettini, d'estate? Vogliamo sapere se esiste un'istituzione e sapere perché non vengano utilizzati strumenti più adeguati. Andiamo in Groenlandia, andiamo in Norvegia, qualcosa per bucare il ghiaccio ci sarà. Forse mia sorella e mio cognato si potevano salvare. Mi rifiuto di pensare che nel 2022 non si riesca a forare il ghiaccio e a far mettere i piedi a terra ai soccorritori. E, ripeto, se era vero che sabato si sentiva l'acqua scorrere sotto il ghiacciaio, perché nessuno ha fermato le persone? Perché le ha lasciate andare? Andremo a fondo di tutto questo».

Silvia riprende: «Siamo stufi di sentire, dopo il Vajont, dopo Stava, dopo il Ponte Morandi, i ritornelli del "non dovrà più succedere". Non vogliamo che, passata l'emozione, cali l'attenzione. E non ci dà sollievo vedere Draghi o Zaia sulla Marnolada, ce lo darà soltanto vederli agire concretamente per riportarci Erica e Davide».Erica e Davide. 45 anni lei, 51 lui. Dire che era un'unione forte come la roccia suona blasfemo di fronte alla montagna sgretolata che li ha condannati. Ma era così. Una coppia felice e affiatata. «Non sempre mia sorella seguiva il marito sulle Dolomiti, ma lo faceva molto spesso. Erano andati via insieme anche la settimana precedente - ricorda Silvia -. Domenica l'ultimo saluto lo hanno dato a mia mamma, erano scrupolosi: alle 5,40 erano già in macchina, non di quelli che vanno a fare le ascensioni a mezzogiorno, salivano e scendevano presto. L'ultimo che li ha visti, abbiamo saputo, è un alpinista che li ha incrociati mentre scendeva. Erano in cordata con altre due persone, Davide era una guida provetta». Si tratta della bassanese Emanuela Piran e del montebellunese Gianmarco Gallina, anch'essi dispersi.

Le due coppie si erano conosciute per la comune frequentazione del Bassanese e di Castelfranco Veneto, dove Miotti era stato direttore della scuola di alpinismo della sezione del Cai. La passione per la montagna li univa. Emanuela e Gianmarco avevano confidato che il loro sogno era quello di gestire un giorno un rifugio sulla Marmolada. Intanto, sull'uscio del negozio di Davide, a Tezze, mani ignote hanno deposto qualche fiore.

Alessandro Comin

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