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Delibera all'unanimità

Istituito il Centro regionale per il cambio di sesso. Zaia: «Un fatto di civiltà»

«Abbiamo voluto recuperare il tempo perso: si pensi solo che la legge statale che regolamenta il cambio di sesso all’anagrafe, anche senza intervento chirurgico, è addirittura del 1982»
Luca Zaia
Luca Zaia
Luca Zaia
Luca Zaia

La delibera che istituisce il Centro di riferimento regionale pubblico per «la presa in carico degli assistiti con disturbi di identità di genere», secondo il presidente del Veneto Luca Zaia, intervistato dal Gazzettino «è un fatto di civiltà, oltre che di legge e di Lea».

Ci sono voluti trent’anni: «Avevamo già provato, in tempi non sospetti, a individuare questa struttura (Azienda ospedaliera università di Padova, ndr), ma per tutta una serie di dinamiche, tra cui il Covid, non siamo riusciti a farla decollare», spiega il governatore, «abbiamo voluto recuperare il tempo perso: si pensi solo che la legge statale che regolamenta il cambio di sesso all’anagrafe, anche senza intervento chirurgico, è addirittura del 1982».

«Non un vezzo, ma un diritto»

«Bisogna uscire, per chi ancora lo avesse, da quel tabù. Ormai il Veneto - afferma Zaia - guarda alla modernità, all’inclusività, al rispetto umano. Occorre capire che non stiamo parlando di cose fantascientifiche o di comportamenti contro la natura. Si tratta fondamentalmente di pochi casi, che in un anno si contano sulle dita di una mano in Veneto, relativi a persone che non si riconoscono nel loro genere. Come si dice, sono nate nel corpo sbagliato, dopodiché hanno compiuto un percorso giuridico, fino ad arrivare ad avere in mano una sentenza di Tribunale. A me spiace che qualcuno in passato abbia fatto certi commenti: "Si fanno operare per andare a prostituirsi". Ma come si può dire una cosa del genere?».

Quindi, «per me prima viene il fatto di civiltà», dice Zaia, ma poi si tratta anche di garantire i Lea: «Forse qualcuno non ha capito che siamo davanti a un Livello essenziale di assistenza, non a un vezzo».

«L’amministratore - aggiunge - non può avere una visione egoistica e personalistica. È un po' come quando si parla di fine vita. Non si può dire: finché ci sono io, questi temi non verranno toccati. O come quando si discute di aborto: approvare la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, non significa essere a favore di quella pratica, ma assicurare l’esercizio di un diritto, che è un’altra roba».

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