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L'intervista

Il cardinale Parolin: «La guerra in una fase critica. Fermare il rischio di escalation»

Il segretario di Stato Vaticano, vicentino. «Necessaria la diplomazia: bisogna convincere Putin e Zelensky a confrontarsi»
Il card. Parolin a Brendola nella casa natale di S. Bertilla (FOTO BERTOZZO)
Il card. Parolin a Brendola nella casa natale di S. Bertilla (FOTO BERTOZZO)
Il card. Parolin a Brendola nella casa natale di S. Bertilla (FOTO BERTOZZO)
Il card. Parolin a Brendola nella casa natale di S. Bertilla (FOTO BERTOZZO)

«Le prospettive non sono per nulla incoraggianti. Da quanto si può conoscere, non c’è disponibilità a un cessate il fuoco, a una tregua armata e all’avvio di negoziati, che dovrebbero essere i passi logici per porre fine a questa guerra». La preoccupazione è viva nelle parole del card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, che domenica 15 ottobre è stato a Brendola, nel Vicentino, per il centenario della morte di S. Bertilla Boscardin. Il conflitto russo-ucraino è in una situazione di stallo, «nonostante le pressioni, perché è generale il timore per il prolungamento della guerra e per una sua eventuale escalation, in base alle minacce che sono state fatte».

Dovrebbe essere rivista, da parte occidentale, la politica dell’invio di armi all’Ucraina?
Mi rifaccio a una posizione che non si presta a strumentalizzazioni, e cioè al catechismo della Chiesa cattolica. C’è, peraltro, una discussione sul concetto di guerra giusta di fronte al possesso di armi nucleari, che hanno cambiato completamente lo scenario delle forze in campo. Il catechismo dice che c’è il diritto a una difesa di fronte a un’aggressione, c’è un diritto alla difesa armata che però è sottoposta a precise condizioni. L’invio delle armi dovrebbe sottostare a queste condizioni, che dovrebbero essere prese in considerazione dai responsabili della politica. Tuttavia, tutti dovrebbero fare il possibile per cerca di aiutare a risolvere pacificamente questa guerra. La palla è nel cortile dei due paesi, la Russia di Putin, a cui papa Francesco ha chiesto esplicitamente di fermare la guerra, e l’Ucraina di Zelensky, a cui ha chiesto di accettare delle serie proposte di pace. Il contributo della comunità internazionale può essere determinante.

Uno dei soggetti in campo è il patriarca di Russia, Kyrill, che sostiene l’operato di Putin. Ci sono contatti con il patriarca da parte del Vaticano?
Ci sono contatti con il responsabile delle relazioni estere del Patriarcato di Mosca. I rapporti con la Chiesa cattolica non si sono interrotti, anche se magari non sono al loro livello migliore. È una posizione difficilmente comprensibile quella del patriarca Kyrill, spero che faccia di tutto per aiutare a trovare una via di pace. Oggi abbiamo raggiunto una coscienza dal punto di vista cristiano che non ci permette più di giustificare le guerre e i conflitti nel nome di Dio. 

Il dialogo resta l’unica soluzione praticabile.
Putin e Zelensky devono venirsi incontro, non c’è altra strada. Qualcuno dice che lo stanno facendo, anzi, che si stanno preparando a farlo, ma ciascuno vorrebbe trattare da una posizione di forza. Speriamo che il dialogo ci sia, perché questi attacchi ai civili, queste distruzioni senza senso ripugnano la coscienza civile e cristiana.

Venendo più a questioni di casa nostra, un suo augurio al prossimo governo?
Intanto, come Chiesa, preghiamo per i governanti, crediamo che la responsabilità del governo sia molto pesante, e abbia bisogno dell’aiuto di tutti. L’augurio è che ci si concentri sulle reali problematiche dei cittadini, ce ne sono tante e sono molto serie. Da quanto ho capito, tanto il governo quanto l’opposizione sono coscienti di questa realtà, e questo è già un buon punto di partenza: essere consapevoli che ci troviamo in una situazione nazionale e internazionale di estrema precarietà, che esige l’impegno di tutti. Speriamo che questa consapevolezza si traduca nei fatti e che ci sia un grande senso di responsabilità.

Si riferisce alla crisi legata ai rincari delle bollette?
Sì, ciò comporterà notevoli incertezze sociali, la situazione diventerà sempre più delicata. Per questo bisogna dare risposte, che certo non sono facili, ma è importante prenderle almeno in considerazione e dare speranza alle persone. Ho l’impressione che la gente sia scoraggiata e non abbia più fiducia in nessuno. Invece la politica, con tutti i suoi limiti, dovrebbe essere una fonte di speranza, perché c’è qualcuno che prende a cuore le situazioni e cerca di dare una risposta.

La crisi energetica, come ha avuto modo di dire, richiama la nostra coscienza ecologica, a uno stile di vita più sobrio.
È difficile perché comporta una grande educazione, anche noi ci siamo disabituati a vivere in certi modi, facciamo affidamento sulle comodità. Non siamo più disponibili al sacrificio, eppure questa è la strada che ci è richiesta per dimostrare vera solidarietà, per aiutare gli altri a uscire da situazioni di povertà e di vulnerabilità.

Il riferimento al sacrificio richiama la figura di Santa Bertilla. Perché è ancora di attualità?
I problemi del mondo si risolvono non solo con un cambio strutturale, lo squilibrio fondamentale è nel cuore dell’uomo. Da lì nascono i conflitti, nascono le guerre, gli scontri. Non possiamo pensare di risolvere i problemi del mondo senza una conversione, un rinnovamento. Un coinvolgimento personale che porti a una modifica del nostro modo di pensare e del nostro modo di agire.

Il coinvolgimento di cui parla riguarda anche i consacrati?
Papa Francesco lo dice in riferimento alla Curia: le riforme strutturali siano accompagnate da una profonda consapevolezza interiore che dobbiamo cambiare noi stessi. La Chiesa dovrebbe essere voce ma soprattutto testimonianza di questo cambiamento. Dobbiamo dare esempio prima di tutto, perché ci si ascolta poco, ma non ci si ascolta per nulla se parliamo soltanto ma non siamo capaci di dare il buon esempio.

Gianmaria Pitton

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