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prevenzione

Dissesto idrogeologico: ecco perché anche il Veneto rischia

Gli esperti: «Monitoraggio, pianificazione urbanistica adeguata e sistemi di allerta efficaci per arginare il rischio»
Un drammatico scorcio di Casamicciola dopo la frana
Un drammatico scorcio di Casamicciola dopo la frana
Un drammatico scorcio di Casamicciola dopo la frana
Un drammatico scorcio di Casamicciola dopo la frana

Pianificazione urbanistica, interventi di consolidamento ma, soprattutto, sistemi di allerta efficaci per mettere in salvo la popolazione, le strutture e i beni culturali. Quel che sta accadendo a Ischia in questi giorni ha posto nuovamente sotto i riflettori il tema del rischio idrogeologico e l’importanza della prevenzione.

Ma qual è la situazione in lombardo-veneto e cosa si può fare per evitare tragedie come quella di Casamicciola? Lo spiegano Carla Iadanza, ricercatrice Ispra, e Luca Dei Cas, responsabile del Centro di monitoraggio geologico di Arpa Lombardia, che ha collaborato alla stesura delle linee guida nazionali per il monitoraggio idrogeologico.

Nel 28% dei casi frane estremamente rapide e distruttive

«L’Italia – spiega Iadanza - è un paese ad elevato rischio idrogeologico, con un’alta propensione del territorio a fenomeni di dissesto, innanzitutto per le caratteristiche morfologiche (il 75% del territorio è montano - collinare). L’Italia è, anche, un paese fortemente antropizzato, ecco perché abbiamo un valore di rischio idrogeologico così elevato”. Sul territorio nazionale sono oltre 620 mila le frane censite nell’inventario Ispra – Regioni che monitora gli episodi dal 1116 al 2022: “Non sono poche, considerando che sono i 2/3 delle frane censite in Europa. Nel 28% dei casi si tratta di fenomeni estremamente rapidi, di crollo o colata rapida del detrito come quelli verificati ad Ischia, con velocità e distruttività elevata».

Pericolosità idraulica elevata: oltre 600 mila lombardi e veneti a rischio

Lombardia e Veneto non fanno eccezione, per la morfologia del territorio: le aree montano collinari sono quelle a maggiore pericolosità per il rischio frane; lungo le aste fluviali si registrano problemi di pericolosità idraulica (alluvioni). Il report Ispra del 2021, l’ultimo disponibile, fotografa la situazione. In Lombardia 45.522 cittadini risiedono in aree a pericolosità di frana medio elevata, a cui si aggiungono 306.892 cittadini che risiedono in aree a pericolosità media. In Veneto sono rispettivamente 6.594 e 22.538. Peggiore lo scenario di rischio idraulico. Secondo lo stesso report, risiedono in aree a pericolosità idraulica elevata ben 422.659 veneti e 203.751 lombardi. Che fare, dunque?

L'importanza del monitoraggio

Innanzitutto, si diceva, è importante il monitoraggio. Accumulare dati ed esperienza, il che sembra scontato ma non lo è affatto se si considera che – spiega Iadanza - «le frane tendono a verificarsi sempre negli stessi luoghi». Ispra mette a disposizione la piattaforma IDROGEO, accessibile a tutti i cittadini, sulla quale è possibile consultare lo storico e gli indicatori di rischio relativi a famiglie, imprese, beni culturali.

 

«L’attività conoscitiva è la base di partenza per ogni intervento di prevenzione. Si parte dal censimento di tutti i fenomeni che si sono verificati – sottolinea la ricercatrice Ispra – per poi passare ad un’adeguata pianificazione territoriale evitando di ubicare altri elementi in zone già a rischio, ad eventuali interventi di consolidamento e, infine, al monitoraggio strumentale e ad adeguate procedure di allertamento e comunicazione ai cittadini».

Sistemi di allerta: metodi di difesa non strutturale

«Il monitoraggio e la conseguente attivazione di sistemi di allerta ai cittadini sono importantissimi metodi di difesa non strutturale – sottolinea Dei Cas . Infrastrutturare le aree a rischio con costruzioni ad hoc ha costi enormi e non è sempre praticabile. Lo è, invece, tenere sotto controllo i movimenti del territorio e agire per tempo». E’ accaduto per esempio con la frana di Gallivaggio (Sondrio) del 2018: i sistemi di allerta hanno consentito di mettere in salvo la popolazione, le opere d’arte, tutto ciò che era possibile tutelare prima che accadesse l’inevitabile.

«La Lombardia dal 1987 ha preso atto della situazione – evidenzia Dei Cas - e ha per prima strutturato un centro di monitoraggio geologico per tenere sotto controllo le grandi frane. Attualmente, 45 sono sotto osservazione. Anche il Veneto ha dei sistemi di allerta sulle frane e sulle colate, cioè il fenomeno accaduto ad Ischia. E’ impossibile impedire che una frana si muova: ma oggi è assolutamente possibile impedire che porti morte e distruzione».

Natalia Danesi

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