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Emergenza

Crisi idrica, presto un tavolo con Venezia, Trento e Bolzano

L'Adige a Legnago vicino all'oleodotto
L'Adige a Legnago vicino all'oleodotto
L'Adige a Legnago vicino all'oleodotto
L'Adige a Legnago vicino all'oleodotto

Dal braccio di ferro a una stretta di mano. Dalla «guerra» a una soluzione condivisa, che probabilmente non lascerà pienamente soddisfatto nessuno - né il Veneto senza acqua né Trento e Bolzano che vogliono tenersi strette le riserve - ma che almeno risolverà, se non altro nell'immediato, l'emergenza che sta mettendo a rischio le colture.

Per ora è un auspicio: difficile dire se si concretizzerà in una decisione condivisa. Ma Marina Colaizzi, segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali, è ottimista: «Mi sono presa l'impegno di organizzare un tavolo, intorno al quale far sedere il Veneto e le due Province autonome», annuncia, «al fine di trovare un accordo, ragionando tutti insieme. Credo che una mediazione si riuscirà a trovare». Colaizzi guida quell'organismo di emanazione ministeriale che, tra i compiti, ha anche quello di dirimere dispute di questo tipo. Facendo rispettare il Codice unico sull'Ambiente, che parla chiaro: l'acqua va impiegata prima per le necessità dell'uomo e dell'agricoltura, poi per tutto il resto, quindi anche per le necessità energetiche.

Nei giorni scorsi il Veneto ha chiesto a Trento e Bolzano di aumentare la portata del fiume Adige di 20 metri cubi al secondo per fare fronte alla siccità in pianura e alla sofferenza che già si registra nei campi. Non sono caduti nel vuoto gli allarmi lanciati dalle associazioni di categoria. Ma le due Province hanno detto no: lassù i bacini sono pieni solo al 20% e le riserve, hanno spiegato, a loro servono anche per la produzione idroelettrica. È nata così quella «guerra dell'acqua» dell'Adige che si trascina da giorni, con una tregua solo temporanea concessa dalle piogge delle ultime ore. Le quali non hanno spento l'emergenza, che rischia di farsi più forte nei prossimi mesi.

«Noi come Autorità non abbiamo potere impositivo», sottolinea Colaizzi, spiegando cioè che lei non può obbligare Trento e Bolzano ad aprire gli invasi. «Tuttavia possiamo contare su un Osservatorio permanente delle risorse idriche: un tavolo permanente formato dagli enti competenti e dai portatori di interesse del settore, quindi rappresentanti della Regione Veneto e delle due Province autonome, oltre alla Protezione civile, ad Anbi, associazione nazionale dei Consorzi di bonifica e molti altri. Formatosi nel 2016, in questo Osservatorio si analizzano problemi e si cercano soluzioni». E proprio le osservazioni fatte da questo organismo sono state prese e usate dal presidente della Regione Veneto Luca Zaia per motivare la richiesta, inviata al premier Mario Draghi, di stato di emergenza. Come dire: se con le buone una soluzione non si trova, si passa alle maniere forti, e si bussa la porta di Palazzo Chigi.

«Alla luce della situazione rilevata dall'Osservatorio, quella di Zaia è una richiesta lungimirante», commenta Colaizzi, che cerca di gettare acqua sul fuoco: «Mi sono confrontata sia con la Provincia di Trento sia con quella di Bolzano e non ho trovato chiusura netta da parte loro: chiaramente, pure quei territori stanno vivendo difficoltà e temono che aprendo gli invasi non resti più acqua per loro, considerando che quest'anno non si può nemmeno contare su una riserva di neve».  E la necessità di tenere acqua per produrre elettricità? «Ma no», smorza i toni Colaizzi, «l'idroelettrico non è priorità per le due Province autonome. Certo è un tema da considerare in tempi di crisi energetica: per questo al tavolo che voglio organizzare porterò anche Arera, autorità di regolazione nazionale che si occupa di energia e di servizio idrico integrato. Così valuteremo l'emergenza in tutte le sue sfaccettature»..

Francesca Lorandi

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