<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
IL DRAMMA DEI CIVILI

Morire sotto le bombe, a soli 18 mesi: il piccolo Kirill commuove il mondo

Le immagini bastano da sole. I volti deformati dal dolore di due giovanissimi genitori che hanno appena perso il loro bambino sotto le bombe di Vladimir Putin non hanno bisogno di didascalie. Sono l’emblema della tragedia della popolazione civile in Ucraina. Come Polina e il suo fratellino Semyon, e come tanti altri bambini ucraini, il piccolo Kirill, 18 mesi appena, è morto nei bombardamenti russi su Mariupol, la città in trappola nel sudest del Paese. Un reporter dell’Associated Press riprende la scena: un uomo corre dentro un ospedale con un piccolo fagotto insanguinato tra le braccia, dietro di lui una giovane donna con il volto devastato e la maglietta grigia macchiata di sangue all’altezza del petto quasi lo insegue. Sono Fedor e Marina Yatsko che tentano disperatamente di salvare il loro Kirill, avvolto in una copertina celeste.

Ma in un ospedale senza più corrente elettrica, dove le visite si fanno alla luce dei cellulari, i medici restano impotenti e per Kirill non c’è più niente da fare. Il fagotto resta lì, inerme, su una lettiga. I due genitori, due ragazzi, sono disperati, urlano il loro dolore, affondano l’una nelle braccia dell’altro. Il personale dell’ospedale li circonda senza parole, ma non ha nemmeno il tempo di riprendersi: arriverà presto la prossima emergenza.

A centinaia di chilometri di distanza un altro bambino, 11 anni, invece si è salvato. Ma è dovuto arrivare da solo alla frontiera slovacca. La madre lo ha messo su un treno verso la salvezza a Zaporizhzhia, assediata dalle forze russe, ma è dovuta rimanere per occuparsi della nonna disabile. Il piccolo aveva con sè solo una busta di plastica, un passaporto e un numero di telefono scritto a penna sul dorso di una mano. I volontari slovacchi, dopo averlo rifocillato, hanno chiamato quel numero e dei parenti del bambino sono venuti a prenderlo. Ora è in salvo a Bratislava, ma lontano dalla sua famiglia. In un Paese dove tutto è sospeso, dove le vittime si contano a decine ogni giorno, dove la morsa dei russi non accenna a rallentare, molti ucraini continuano a sfidare la guerra e la morte guardando la vita negli occhi: quasi 4.000 coppie si sono sposate dal giorno dell’attacco, il 24 febbraio, e più di 4.311 neonati hanno visto la luce nelle città assediate.

Suggerimenti