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Gli 007 britannici

Così il Regno Unito tentò di screditare Berlinguer e il Pci: ecco i documenti declassificati

«Non vogliamo che i partiti comunisti dell’Europa occidentale salgano al potere in nessuna forma», osservò un alto diplomatico britannico
Enrico Berlinguer
Enrico Berlinguer
Enrico Berlinguer
Enrico Berlinguer

Un dipartimento segreto del Foreign Office britannico, l’Information Research Department (Ird), incaricato di gestire tramite la Special Editorial Unit (Seu) la propaganda contro i comunisti in tutto il mondo, prese di mira Enrico Berlinguer e il Pci alla vigilia delle elezioni del 1976, quando si temeva una vittoria dei comunisti alle urne, giudicata dannosa per gli interessi di Londra. Lo indicano documenti declassificati britannici, citati dall’Observer.

Il domenicale del Guardian che di recente ha svelato come l’Ird - che lavorava in stretto contatto con i servizi dell’MI6 - abbia incitato omicidi di massa in Indonesia negli anni ’60 e condotto una campagna diffamatoria contro il leader di sinistra kenyano Odinga Odinga, cita Scott Lucas dell’Università di Birmingham, per il quale in questa vicenda l’Ird sembra aver oltrepassato il limite per il quale «le democrazie non interferiscono nei processi democratici di altri paesi», e l’Italia era «un membro della Nato, un membro della Comunità economica europea e una democrazia».

I file declassificati rivelano che funzionari dell’ambasciata Gb a Roma consegnarono al corrispondente della Bbc Richard Lindley, che si era assicurato un’intervista con Berlinguer, un memorandum Ird sul Pci. Conteneva la citazione attribuita all’ex leader del partito Palmiro Togliatti sui «legami d’acciaio» che secondo l’Ird caratterizzavano ancora i rapporti del Pci con i sovietici. Heulyn Dunlop, un funzionario della Seu distaccato a Roma per la campagna, riferì che il corrispondente aveva intenzione di porre a Berlinguer «una serie di domande imbarazzanti» sulla base del documento, che forniva citazioni che dovevano servire a mettere in difficoltà il segretario del partito.

Alle elezioni amministrative del 1975, il Pci aveva ottenuto il 33% dei voti, appena dietro la Democrazia Cristiana al governo, suscitando preoccupazione nel fronte occidentale anticomunista. «Non vogliamo che i partiti comunisti dell’Europa occidentale salgano al potere in nessuna forma», osservò un alto diplomatico britannico. Essi «devono continuare a essere contrastati con ogni mezzo possibile». L’ambasciatore britannico a Roma disse poi che sarebbe stato «catastrofico» se il Pci fosse entrato al governo.

Nell’aprile 1976, il nuovo primo ministro laburista britannico, Jim Callaghan, nominò Anthony Crosland ministro degli esteri. I file declassificati mostrano che l’alto funzionario del Ministero degli Esteri, Sir Michael Palliser, disse al ministro degli Esteri entrante che «non era troppo tardi» per «impedire un’ascesa al potere dei comunisti in Italia» e gli offrì delle proposte per farlo. Quattro giorni dopo l’annuncio della data delle elezioni politiche italiane, funzionari presentarono le loro «opzioni d’azione» in un documento inviato a Crosland. Avvertiva che la partecipazione del Pci al governo era «una prospettiva molto pericolosa» e che se il partito avesse ottenuto «la partecipazione della maggioranza... portando al pieno potere, la situazione sarebbe stata probabilmente considerata irrecuperabile dagli alleati della Nato e dai partner comunitari».

La strada scelta fu quella della propaganda e il discredito, anche se circolò persino l’idea di «un colpo di stato chirurgico» giudicata poi «irrealistica». Nelle elezioni del 1976 il Pci ottenne il 34,3 dei consensi, contro il 38,71 della Dc.

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