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Terrorismo, Bergamin e Ventura si sono costituiti. Ora è caccia a Di Marzio

Se riuscirà a rimanere nascosto per altri dieci giorni resterà libero: il 10 maggio la prescrizione
Una delle immagini dell'omicidio del vicebrigadiere di Polizia Antonino Custra
Una delle immagini dell'omicidio del vicebrigadiere di Polizia Antonino Custra
Una delle immagini dell'omicidio del vicebrigadiere di Polizia Antonino Custra
Una delle immagini dell'omicidio del vicebrigadiere di Polizia Antonino Custra

È l’unico ancora libero e se riuscirà a sfuggire all’antiterrorismo e a rimanere nascosto per altri dieci giorni lo sarà per il resto della vita: sui 5 anni e 9 mesi di reclusione che ancora deve scontare per banda armata, associazione sovversiva, sequestro di persona e rapina, il 10 maggio piomberà la prescrizione e a quel punto non sarà più perseguibile dalla giustizia italiana. È una corsa contro il tempo quella degli investigatori francesi e italiani per localizzare Maurizio Di Marzio, l’unico degli ex terroristi rifugiati in Francia ancora latitante dopo che Luigi Bergamin e Raffaele Ventura si sono costituiti.

 

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VENTURA. Gli avvocati di Raffaele Ventura, che si è costituito stamattina in Francia, riferiscono che il loro assistito è stato messo in libertà «sotto controllo giudiziario». Nella nota, i legali Jean-Pierre Mignard e Pierre-Emmanuel Biard, sottolineano che Ventura, «72 anni, di professione regista, non è mai stato membro delle BR ma del movimento di estrema sinistra Autonomia Operaia che non ha mai previsto la lotta armata né attentati contro le persone. Ha sempre negato i fatti che gli vengono imputati. Di conseguenza, rifiuta la sua estradizione», si conclude nella nota.

 

BERGAMIN. Luigi Bergamin, è stato riferito, era stato condannato dalla Corte d’Assise di Milano nell’88 - sentenza confermata in tutti i gradi di giudizio - a 26 anni per concorso morale nei due omicidi commessi da Cesare Battisti, pena poi ricalcolata e ridotta a 16 anni e 11 mesi per condoni e benefici. Nella sentenza di 33 anni fa i giudici gli avevano riconosciuto le attenuanti generiche, ha spiegato il legale, «ritenendo che la sua era una dissociazione di fatto dalla vita precedente» e che ciò «era dimostrato da una serie di elementi acquisiti nel processo. La delinquenza abituale si dichiara con almeno due sentenze di condanna e non ha senso che arrivi 33 anni dopo». Così l’avvocato Giovanni Ceola, legale di Luigi Bergamin, l’ex militante dei Pac che si è costituito oggi in Francia in seguito agli arresti di ieri, ha impugnato il provvedimento con cui lo scorso marzo il magistrato della Sorveglianza di Milano Gloria Gambitta ha dichiarato il suo assistito delinquente abituale. Tale provvedimento ha effetti sulla estinzione della pena, interrompendo la prescrizione dell’8 aprile scorso, di 16 anni e 11 mesi per concorso morale negli omicidi di Antonio Santoro e di Andrea Campagna.

 

DI MARZIO. I contatti tra l’antiterrorismo di Italia e Francia sono costanti, con un continuo scambio di informazioni e il monitoraggio di tutte le persone che in qualche modo possano aver avuto o avere ancora oggi legami con Di Marzio. Romano, appartenente all’ala militarista delle bierre, per Di Marzio sarebbe il secondo arresto in Francia: lo presero già una volta nell’agosto del 1994, sempre su richiesta dell’Italia, e l’anno dopo la Corte d’Appello espresse parere favorevole all’estradizione. Ma il decreto governativo non fu mai firmato e l’ex terrorista tornò libero.

 

Negli anni successivi, ricordano gli investigatori che non hanno mai mollato la caccia agli ex terroristi, si è sposato, ha aperto il ristorante "Baraonda" e ha partecipato a diverse iniziative in favore dei rifugiati in Francia. Negli archivi di polizia, il suo nome è legato all’attentato al dirigente dell’ufficio provinciale del collocamento di Roma Enzo Retrosi, nel 1981, e soprattutto al tentato sequestro del vicecapo della Digos della capitale Nicola Simone il giorno della Befana del 1982.

 

«Un brigatista travestito da postino, con divisa e blocchetto delle ricevute in mano, bussò verso le 15 - scriveva il quotidiano L’Unità una settimana dopo -. Simone guardò prima attraverso lo spioncino poi aprì, ma in pugno aveva la sua 38 special perchè non si fidava. Secondo la prima ricostruzione il terrorista avrebbe sparato contro il funzionario di polizia, il quale avrebbe avuto la forza di reagire esplodendo a sua volta due colpi. Stando alla nuova versione, invece, altri componenti del commando Br erano appostati sul pianerottolo e avrebbero cercato di aggredire Simone per immobilizzarlo e rapinarlo. Allora il vicecapo della Digos avrebbe aperto il fuoco per primo, ferendo con due colpi uno dei terroristi e poi sarebbe caduto a terra ferito a sua volta da tre proiettili al volto».

 

Tra i rifugiati a Parigi quell’agguato è contestato oltre che a Di Marzio anche a Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli e Marina Petrella. A Nicola Simone - che dopo la lotta alla Br è stato il primo direttore dell’Interpol Italia, del Servizio centrale operativo e a capo della missione interforze in Albania alla fine degli anni Novanta - lo Stato italiano ha conferito la medaglia d’oro al valore civile: «Vittima di un tentativo di sequestro da parte di alcuni terroristi armati penetrati con inganno nella sua abitazione - si legge nella motivazione - con estremo coraggio e decisione reagiva prontamente con l’arma in dotazione. Sebbene gravemente ferito, colpiva a sua volta un criminale, e messi in fuga gli altri aggressori ne consentiva poi l’individuazione e l’arresto».

 

Il vicequestore, diventato poi prefetto, è morto poco più di un mese fa ad Avezzano. Dieci giorni dopo l’attentato, gli investigatori individuarono a Marino, vicino Roma, una villetta che doveva essere la prigione del popolo, come via Montalcini fu per Moro: all’interno c’era una tenda canadese, una branda, catene, lucchetti, armi, munizioni, targhe e documenti.

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