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IN TRIBUNALE

Omicidio di Carol Maltesi, Fontana: «Non ho premeditato nulla. Darei la vita per cancellare quel che ho fatto»

In tribunale la ricostruzione degli ultimi momenti di vita della 26enne uccisa e fatta a pezzi: «Volevo confessare e tornare a casa per togliermi la vita»
Davide Fontana e Carol Maltesi, la vittima
Davide Fontana e Carol Maltesi, la vittima
Davide Fontana e Carol Maltesi, la vittima
Davide Fontana e Carol Maltesi, la vittima

"Darei la vita per poter cancellare quello che ho fatto. Morirei io stesso per riportare Carol in vita. Ho il cuore in frantumi e pieno di lacrime, anche se non escono ci sono. Mi sento vuoto. Sento come se fosse un'altra persona ad aver agito; mi odio, ho sempre odiato quanti commettono violenza contro le donne. Non ho premeditato nulla, non c'era nessun piano: non lo dico per impietosirvi".

Continua a Busto Arsizio il processo per la morte di Carol Maltesi. Sul banco degli imputati Davide Fontana, che l’11 gennaio scorso uccise la 26enne e ne abbandonò il cadavere dilaniato a Borno. Lì venne ritrovato e i carabinieri della compagnia di Breno risalirono al responsabile del femminicidio nel giro di 48 ore, arrestandolo. Poi, la confessione.

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Fontana: le13 martellate inverosimili

Nell'udienza di oggi è stato ascoltato proprio Fontana, che ha ripercorso le tappe della relazione con la 26enne fino alla fine del rapporto e all'incontro di Carol con Salvatore Galdo. Ha anche fornito una truce ricostruzione degli  ultimi momenti di vita della giovane. Ha ripercorso in particolare i momenti della mattina dell'11 gennaio nei quali Carol Maltesi, immobilizzata per girare la scena di un film hard, è stata colpita in testa con un martello.

"Io col martello, come da accordi, ho iniziato a dare colpetti sulle cosce e sulla pancia. Poi ho iniziato a colpirla sulla testa, mi ricordo 3-4 volte - ha detto Fontana -. Le 13 martellate indicate dai medici legali mi paiono inverosimili (...). Io il suo volto non l'ho più visto, era coperto e il cappuccio non gliel'ho tolto. Lei non ha detto nulla. I colpi sono andati avanti per pochi secondi non di più. Ho alzato il cappuccio e mi sono reso conto di quello che avevo fatto, che l'avevo uccisa".

Una volta confessato e messo fine alla storia mi sarei suicidato

Poi, lo strazio del depezzamento del corpo e la scelta di abbandonare i resti a Breno ("conoscevo quel posto. Perché me ne sono disfato a marzo? Non lo so. Ho scelto quel giorno perché non ce la facevo più a sostenere quella situazione").  "Una volta confessato e messo fine a questa storia, dicendo che quel corpo ritrovato apparteneva a Carol - ha detto Fontana questa mattina -, sarei tornato a casa per togliermi la vita".

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Redazione Web

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