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Il «biondino della spider rossa»

La morte di Bozano, condannato per il sequestro Sutter. Disse: «Io non l'ho mai conosciuta»

Milena Sutter e Lorenzo Bozano
Milena Sutter e Lorenzo Bozano
Milena Sutter e Lorenzo Bozano
Milena Sutter e Lorenzo Bozano

Era vissuto con la speranza di riuscire a dimostrare, una volta per tutte, la sua innocenza. Invece Lorenzo Bozano, il «biondino della spider rossa» che fu condannato all’ergastolo per il sequestro e l’omicidio della 13enne Milena Sutter, figlia di un industriale genovese, è morto ieri all’Isola d’Elba, colto da un malore mentre nuotava.

Aveva 76 anni e dall’ottobre 2020 era in libertà condizionale. La vicenda risale al 1971, a Genova. Milena Sutter, 13 anni, venne ritrovata in mare due settimane dopo la sua scomparsa. La sera stessa, Lorenzo Bozano, 25enne imparentato con la famiglia di armatori Costa, proprietari di Costa Crociere, venne arrestato.

Il soprannome di "biondino della Spider rossa" nacque perché alcuni abitanti di via Orsini dissero di aver visto un "biondino" sostare nella zona in cui si trovava villa Sutter, seduto su una spider rossa ammaccata, sebbene Bozano fosse ben diverso dalle descrizioni di quel "biondino", poiché aveva i capelli castani, una corporatura massiccia e appariva più vecchio della sua età.

Vennero trovati diversi indizi contro di lui ma nessuna prova di colpevolezza tanto che nel 1973 venne assolto in primo grado per insufficienza di prove. Tuttavia, nel 1975 fu condannato all'ergastolo, condanna confermata dalla Corte di cassazione nel 1976.

“Non ho mai conosciuto Milena Sutter”, ha sempre ripetuto lui, anche a Maurizio Corte, giornalista de L’Arena che da anni si occupa di questa vicenda, cercando la verità che sta dietro quell’omicidio: la vicenda processuale ebbe diverse ombre, messe in evidenza anche dal libro scritto a quattro mani da Corte e Laura Baccaro “Il Biondino della Spider Rossa. Crimine, giustizia e media (Cacucci editore) e nel blog ilbiondino.org. Ricorda il giornalista: “da parte di Bozano non ho mai sentito parola di rabbia, di ostilità o di attacco personale verso inquirenti giudici, avvocati, verso chi ha costruito il caso e non gli ha garantito un giusto processo d’appello, verso chi ha scritto la perizia medico legale, sulla quale ho sentito anche io il parere di sei medici legali che mi hanno confermato l’assenza di fondamento scientifico. Più volte gli ho chiesto perché non abbia continuato a urlare sua innocenza: mi diceva che, dopo averle provate tutte, a un certo punto si è arreso. Come con una malattia, si era rassegnato”. È morto all’Isola d’Elba che era diventata la sua casa e il suo rifugio. E in quel mare che amava, pur avendo sempre nel cuore Genova. 

Francesca Lorandi

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