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Gli studi in corso

L'Italia verso la produzione interna del vaccino anti Covid19

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Un guarito dal Covid dona il plasma
Un guarito dal Covid dona il plasma
Un guarito dal Covid dona il plasma
Un guarito dal Covid dona il plasma

L’Italia si sta organizzando per produrre sul territorio nazionale una parte ingente del candidato vaccino europeo anti-Covid. L’annuncio arriva da Walter Ricciardi, membro del comitato esecutivo dell’Organizzazione mondiale della sanità e Consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza. Ed anche se i tempi restano ancora incerti, l’obiettivo è di avere le prime dosi disponibili per il prossimo inverno.

 

Rispetto a un vaccino contro il nuovo coronavirus, «l’Europa è molto più avanti degli Stati Uniti e ci stiamo organizzando affinché una parte sostanziale venga prodotto in Italia. Quindi - ha spiegato Ricciardi - ci stiamo organizzando per essere tra i paesi leader». Ed ancora: «Devo dire con piacere - ha aggiunto - che in questo caso l’Europa è avanti rispetto agli Stati Uniti», perché il vaccino che si sta sviluppando, quello che vede unita l’Università di Oxford in collaborazione con l’azienda Irbm di Pomezia e la multinazionale AstraZeneca, «è in una fase di sviluppo più avanzata rispetto all’altro».

 

Quanto ai tempi, «se le cose vanno bene, in autunno-inverno potremmo avere le prime dosi e naturalmente anche quelle per gli italiani». Italia in prima linea dunque, anche se la produzione di uno o più candidati vaccini implica comunque degli aspetti problematici e non scontati, sottolinea all’ANSA il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi. Le aziende farmaceutiche italiane che hanno le tecnologie per i vaccini, ha spiegato, «sono pronte a produrre il vaccino anti-Covid ’europeò; sul territorio nazionale abbiamo infatti vari hub e poli industriali specializzati, come quello toscano». Tuttavia, ha precisato, «va detto che molto dipenderà da quale tipo di vaccino arriverà alla fine a superare la fase 3 di sperimentazione e si dimostrerà quindi quello giusto. Infatti, i candidati vaccini non sono tutti uguali e ciascuno di quelli in sperimentazione implica differenti procedure di produzione. Non è pertanto scontato che tutte le nostre aziende possano produrre qualunque tipo di vaccino».

 

Al momento, rileva Scaccabarozzi, «secondo i dati dell’Oms, ci sono 136 candidati vaccini allo studio dei quali 8 sono in fase di sperimentazione 2 o 3. La nostra speranza, naturalmente, è che al traguardo possano arrivare più vaccini». Ma proprio per questo, chiarisce, «è fondamentale puntare ad una alleanza europea per la produzione. Ovviamente, l’auspicio è che il o i vaccini finali siano producibili in Italia ma, se così non fosse, la priorità è che siano comunque disponibili per tutti». Anche se la produzione avverrà fuori dall’Italia, cioè, «indipendentemente dall’origine dell’azienda "madre", si punta ad avere comunque una produzione mondiale che garantisca il vaccino a tutti i Paesi». Insomma, stigmatizza il presidente delle imprese del farmaco, «i o il futuro vaccino non sarà targato Usa, Ue o Italia, ma sarà per tutti i Paesi. La Ricerca, infatti, è globalizzata ed i risultati, indipendentemente dal capitale dell’azienda produttrice originaria, saranno comunque messi a disposizione di tutti». Dunque, «qualsiasi vaccino arriverà, sarà disponibile per tutti i Paesi». In questo senso, Scaccabarozzi giudica «fondamentale» l’azione portata avanti dal ministro Speranza che, insieme a Francia, Olanda e Germania, «ha lanciato una alleanza ed un accordo per il vaccino, la ’Inclusive vaccine Alliancè». L’obiettivo, conclude, è appunto «garantire la copertura e la disponibilità del futuro vaccino anti-Covid a tutti i Paesi europei. Nessuno escluso».

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