Ridotto per virus. Non chiuso, ma quasi. La capienza degli stadi si ferma a 5.000 posti. Sarà così per la ventiduesima e ventitreesima giornata di A. L’assemblea della Lega Calcio ha voluto tendere la mano al Governo nel tentativo di arginare il dilagare del Covid 19. E anche il Bentegodi si fa più piccolo. Nove mila sono gli abbonati. Pure questo un dato sul quale ragionare. Perché non c’è posto per tutti. «Oggi devono far riflettere i numeri» osserva Filippo Rando, assessore allo sport del comune di Verona. «Ci sono quasi duecentomila contagi. Ma cosa più preoccupante, sono 184 i morti. La Lega in autonomia ha deciso di portare la capienza a 5.000 spettatori dimostrando grande senso di responsabilità. Certo è che per il Bentegodi va fatta una ulteriore riflessione: la capienza dello stadio si aggira intorno ai trentamila spettatori e gli abbonati sono più di novemila. Si poteva ragionare sulla possibilità di garantire l’accesso almeno ai possessori di abbonamento, creando uno distanziamento di due seggiolini tra uno spettatore e l’altro. Un tentativo in questa direzione si poteva fare. Una decisione che va rispettata, certo. Resterà il grande senso di vuoto». Il notaio veronese Gabriele Noto, grande tifoso dell’Hellas, ragiona così: «Il mondo del calcio sembra uniformarsi a quello che si osserva per molti altri settori del paese. Non c’è una catena di comando, non c’è un centro decisionale. Siamo al tutti contro tutti. Tante regole non portano a nessuna regola. Purtroppo non possiamo aspettarci niente di buono. Quando non c’è programmazione e serietà non possiamo sperare in una soluzione organica. In tutto questo, gli sportivi sono tenuti all’ultimo, visto che il fatto di “giocare o non giocare“ viene decisivo in base alle politiche di bilancio delle società e agli interessi dei giocatori e dei procuratori». Il parlamentare veronese Massimo Ferro ha a cuore «la regolarità dei campionati. E perchè siano regolari è necessaria la par condicio tra tutte le squadre. Quello che è successo nell’ultimo turno di campionato (gare saltate e altre giocate, le Asl in mezzo a decidere ndr) mi sembra che non lo abbia permesso. Cosi si falsa il campionato. Diventa quindi necessaria una presa di posizione forte che non vada a penalizzare nessuno. Serve interrompere? Bene, fermiamo la A. Servono prese di posizione di responsabilità e non di opportunismo». Francesco De Vita è medico sportivo, e in passato ha lavorato con Chievo ed Hellas. «La situazione sanitaria in Italia è peggiorata nell’ultimo mese, anche perché la campagna vaccinale ha avuto molti stop. Soprattutto abbiamo pensato che l’incubo fosse finito. E si è abbassata la guardia. E questo è successo ancora di più nel mondo dello sport e negli sport di squadra». Le riduzioni negli stadi? «Troppa supponenza nel mondo del calcio nel pensare di poter prescindere da tutto e da tutti sviluppando protocolli dell’ultim’ora. I cinquemila allo stadio? Non ha molto senso. Bisognerebbe avere controlli maggiori, far rispettare di più le distanze. Non contano le capienze ma i controlli. Se non c’è controllo, questa scelta vale come chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati. Sul pubblico: la mancanza di tifosi sugli spalti è tragedia. Cambia il senso di tutto».•.