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Monumento funerario romano (ponte Scaligero)

Monumento funerario romano (ponte Scaligero)

Una testimonianza della Verona Romana si incontra sul ponte Scaligero (Castelvecchio), lato Arsenale. Scendendo, si scopre in una «nicchia» a destra (salendo, a pochi metri sulla sinistra). Si tratta di una parte di un monumento funerario che, con molta probabilità, apparteneva a un magistrato. Un indizio è dato dalla presenza di un bassorilievo con una figura singolare: un littore, l’incaricato ad accompagnare le autorità portando con sé un fascio di verghe come segno del potere. Più sotto sulla base, invece, sono raffigurati un cane (simbolo di fedeltà) e del cibo. Saranno di aiuto al defunto nell’aldilà. Chi erano i magistrati nell’Antica Roma? Erano persone con incarichi politici principalmente elettivi e temporanei. In epoca repubblicana, il compito delle magistrature era di relazionarsi con il senato e con le assemblee popolari per garantire l’equilibrio dello Stato (attraverso un reciproco controllo). La carriera magistratuale (il cursus honorum) culminava con il consolato (carica che era data a due consoli per attuare un controllo a vicenda). Tutti i magistrati avevano il diritto di essere scortati dai littori (la figura che troviamo sulla stele sul ponte Scaligero) e questi variavano nel loro numero in base all’importanza della carica assunta: più era elevata e maggiore era il numero dei littori assegnati. In tempo di pace, i magistrati «più alti» erano soliti indossare la «toga praetexta» (dalla parola latina «tego» che significa ricoprire) mentre in tempo di guerra vestivano il «paludamentum» (il mantello indossato da un generale al comando di un esercito, dagli ufficiali e dagli attendenti). Al monumento si legano i riti funerari che, come da tradizione, nella Roma Antica erano fastosi. Anzi, più lo erano e maggiore era l’importanza (potenza) del defunto e della sua gens (le famiglie che si riconoscevano in un antenato comune). Non si deve dimenticare che per i Romani la sepoltura era un evento importate, un principio fondamentale. Questo fatto segnava il destino del defunto (della sua anima) e incombeva sulla sua famiglia e i suoi amici. Se fossero mancati ricadeva sullo Stato. I defunti potevano essere cremati o inumati e la preferenza divenne più o meno, per l’una o l’altra pratica, a seconda delle epoche (fino al I secolo d.C. l’usanza preponderante era l’incinerazione). Con l’imperatore Adriano (successe a Traiano e regnò dal 117 d.C.) fu preferita la sepoltura. In questo periodo si assistette al fiorire dell’arte della scultura sui sepolcri. 

Marco Cerpelloni

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