<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Si chiama «Rosautoctono»

Nasce un
Consorzio di
Rosati e Chiaretti

Franco Cristoforetti
Franco Cristoforetti
Franco Cristoforetti
Franco Cristoforetti

Camilla Madinelli È nato «Rosautoctono», l’Istituto del vino rosa autoctono italiano che riunisce i Consorzi di tutela del Chiaretto e del Bardolino, Valtènesi, Vini Doc Castel del Monte, Vini d’Abruzzo, Vini Doc Salice Salentino, Vini Cirò e Melissa. I sei distretti produttivi di Veneto, Lombardia, Abruzzo, Puglia e Calabria, dunque, fanno rete per promuovere il vino rosa italiano in modo unitario tanto nel mercato interno quanto all’estero e per diffondere la cultura del bere in versione rosa, che in Italia oggi rappresenta solo il 6 per cento dei consumi. In Francia, invece, ogni cento bottiglie bevute 34 sono di rosé.

 

Il primo appuntamento in agenda, per l’Istituto è quello del Vinitaly, da domenica 7 a mercoledì 10 aprile. L’intesa è stata firmata martedì 26 marzo a Roma, davanti a un notaio e con tutti i presidenti dei sei consorzi. Il neo presidente di Rosautoctono è il veronese Franco Cristoforetti, che è anche alla guida del consorzio del Chiaretto e del Bardolino. L’intento primario, come afferma Cristoforetti, «è ridare slancio e vitalità a una delle più profonde, storiche e radicate, ma purtroppo meno valorizzate tradizioni vinicole italiane, quella della produzione dei vini rosa». «Questa definizione», continua, «riassume le diverse identità dei territori del Chiaretto gardesano, del Cerasuolo abruzzese e del Rosato pugliese e calabrese, tutte fondate su vitigni autoctoni. Come esistono i vini rossi e bianchi, nel panorama italiano, esistono i vini rosa: nulla hanno da invidiare per tradizione e qualità ai rosé francesi, che dominano i mercati mondiali in cui si bevono 24 milioni di ettolitri di vino rosato, ma in cui l’Italia deve e può raggiungere posizioni più importanti». Per competere a livello internazionale, insomma, storia ed elevati livelli qualitativi non bastano più. «C’è bisogno di una strategia comune, trasversale al Paese, che dia al comparto una spinta decisiva dal punto di vista promozionale, economico e culturale», sottolinea il neopresidente dell’istituto Rosautoctono. A supportare questa unione d’intenti saranno diverse azioni mirate, che spaziano dalle campagne di informazione alle collaborazioni con testate e guide di settore, dalla partecipazione a fiere e manifestazioni alle attività di ricerca, fino alla costituzione con il supporto di Valoritalia e Federdoc di un Osservatorio permanente per scattare una fotografia completa del settore. «Sul vino rosa italiano grava una serie di pregiudizi: occorre fare cultura e, per farla, è necessario fare ricerca», conclude il presidente Cristoforetti. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Camilla Madinelli