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Martinelli sceglie Brunazzi
«Nessuno col suo talento»

Roberto Martinelli, una vita nel segno del Real Monteforte
Roberto Martinelli, una vita nel segno del Real Monteforte
Roberto Martinelli, una vita nel segno del Real Monteforte
Roberto Martinelli, una vita nel segno del Real Monteforte

Due colori, un amore. Roberto Martinelli e il Real Monteforte: binomio che attraversa il tempo e le generazioni di giocatori. Biancazzurra è la sua bandiera, tinta coi colori del cielo. Ventun anni di servizio son già storia, e non è finita qui. Diesse, presidente, ora dirigente: conta esserci. Il senso d'appartenenza prescinde i ruoli in società e chiede una cosa sola: mantenere vivo uno dei cuori pulsanti del calcio tra i vigneti della val d'Alpone. Tra medaglie sudate sul campo, difficoltà da dribblare e il ricordo dei talenti scovati per il suo Real, alcuni ancora oggi candidati per la corsa al Pallone d'oro de L’Arena. «Monteforte per molti, giocatori e allenatori, è stato trampolino di lancio o piazza rigenerante. Fare calcio in questa zona non è semplice, ogni anno è una scommessa. Ma qualche bel profilo è passato di qui, altri hanno messo radici».

Si può dire che Emilio Brunazzi, candidato alla corsa al pallone d’argento con l’Albaronco e scalatore delle nostre categorie (dalla Seconda alla Serie D), l’abbia scoperto lei?

«L’avevo visto giocare nella Juniores della Belfiorese, mi erano piaciute le sue doti fisiche e tecniche. Il primo anno l’avevamo preso in prestito, poi l’abbiamo acquistato a titolo definitivo. Il Real Monteforte è stata la prima squadra che ha creduto davvero in lui: ci ha ripagato. Felice di aver mantenuto un rapporto con lui e la famiglia».

Pier Luigi Dal Bosco, candidato al bronzo con la Provese, è stato al Real in tre occasioni: partì da bimbo, tornò da uomo.

«Altro grande giocatore. Ha iniziato con noi, poi era passato alla Sambonifacese e all’Arzignano per giocare i campionati regionali. È tornato da noi per due campionati di Prima Categoria: dalla sua ha tecnica, passo e un ottimo carattere. E per me questo conta molto».

Per ventun anni ha costruito, assieme ai dirigenti, mattone dopo mattone, il suo Real Monteforte. Il filo conduttore?

«Pescare giocatori che dimostrassero di sposare la causa. Il che vuol dire serietà in campo e voglia di far gruppo fuori. Esempi ne sono Zeno Laffranchi, Fabio Zambon, Mirko Magagnotto, Michele Carcereri, ora diesse anche lui. Loro come il portiere Andrea Spagnolo, Stefano Isolani, Alessio Scarsetto. La lista sarebbe lunga».

Il più talentuoso?

«Troppo facile: Emilio Brunazzi».

E l’acquisto mancato?

«Una quantità industriale. Se devo dirne uno, penso a Fabio Castagnini, adesso dirigente a Illasi».

La scommessa vinta?

«Il portiere Andrea Spagnolo. Come mister Simone Lazzari, era partito qua alla Juniores, ora sono anni che fa bene in categoria».

Un filo rosso collega diesse e allenatore: profili da menzionare?

«Tanti: Orfeo Correzzola, Giuseppe Castagna, Andrea Matteoni, Stefano Menini, Marco Burato. Guardate dove sono ora: non erano scommesse. Lo spessore tecnico e umano c’era già allora».

L’anno da mettere in cornice?

«Promozione in Prima Categoria nell’anno 2010-2011 con Stefano Menini in panca. Gruppo di ragazzi eccezionali: dolcissimo è il ricordo di loro».

Tra i candidati al bronzo è passato da Monteforte anche Kadri Kuqi della Sambonifacese. Profilo da monitorare?

«A mio avviso si: ha ottenuto meno di quanto meritava ma il tempo gioca a suo favore. Spendo volentieri una parola per lui: persona perbene, difensore arcigno».

Il calcio si è fermato per l’emergenza Covid-19: una soluzione per concludere i campionati?

«Se il rischio permane, bisogna bloccare le attività e tenere le classifiche relative all’ultima giornata. Ma quel che conta oggi è rispettare le direttive: stiamo a casa, non vale la pena di rischiare». •

Riccardo Perandini

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