<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Il tema

Macchine agricole, con la Brexit i problemi cominceranno nel 2022

Brexit, Europa col fiato sospeso
Brexit, Europa col fiato sospeso
Brexit, Europa col fiato sospeso
Brexit, Europa col fiato sospeso

«Con la Brexit prevedo per il 2020 un mercato stabile, con un primo trimestre tranquillo e un maggiore entusiasmo nel secondo semestre; nel 2021 ipotizzo che proseguiranno i negoziati per definire le regole fra Regno Unito e Unione europea, mentre dal 2022, in caso di tagli dei contributi all’agricoltura, ci saranno problematiche di mercato sulle macchine agricole».

 

Lo dice alla 114ª edizione di Fieragricola Alessandro Malavolti, il presidente di FederUnacoma, l’associazione dei costruttori di macchine agricole aderente a Confindustria, alla vigilia della Brexit. Da domani il Regno Unito sarà formalmente fuori dall’Unione europea, ma cosa succederà non è ancora chiaro. L’Italia ha tutto l’interesse all’approvazione di un’area di libero scambio, senza dazi, dal momento che «le esportazioni italiane ammontano a 23,5 miliardi e l’attivo commerciale per il nostro Paese ammonta a 12 miliardi di euro», ricorda Fortunato Celi Zullo, direttore del «Brexit Help desk» di Ice-Agenzia, con sede a Londra, per assistere le imprese italiane (brexit@ice.it).

 

Solo nell’agroalimentare l’export tricolore nel 2019 ha raggiunto i 3,4 miliardi di euro. «Ci sarà un periodo di transizione fino al 31 dicembre, ma formalmente da domani il Regno Unito è un paese terzo – spiega Celi Zullo –. La volontà del Regno Unito è quella di raggiungere un accordo di libero scambio, ma è chiaro che la posizione deve essere condivisa».

 

«Le modalità e i tempi che hanno portato alla Brexit sono stati turbolenti, per cui prevedo un perdurare una situazione di incertezza, che dovrà far fronte anche a tensioni interne che sta vivendo il Regno Unito – afferma Antonio Salvaterra, direttore marketing del gruppo Argo Tractors (Landini, McCormick, Valpadana) –. Fino al 2007 avevamo uno stabilimento nel Regno Unito. Oggi, invece, ci affidiamo a un importatore e attendiamo di capire quali regole verranno applicate ai nostri prodotti e servizi». Antenne sollevate anche per il gruppo Antonio Carraro di Campodarsego, leader nel segmento dei trattori specializzati per vigneto e frutteto. «I nostri importatori non sono in grado di prevedere quali saranno le ripercussioni – commenta Liliana Carraro, responsabile relazioni esterne dell’azienda –. Prevediamo tuttavia un incremento di burocrazia, ma attualmente è per noi un mercato in crescita per effetto dei cambiamenti climatici, che stanno portando a un aumento delle superfici a vigneto e coltivazioni come i frutti di bosco, con conseguente richiesta di macchine ad alta tecnologia».

Un aspetto che potrebbe complicare la vita dei costruttori di macchine agricole riguarda la Mother Regulation, i regolamenti comunitari sulla omologazione stradale e ai fini della sicurezza di alcune tipologie di macchine agricole (trattori, macchine trainate, inclusi i rimorchi). Lo evidenzia Roberto Guidotti, responsabile tecnico di Cai (Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani): «La Gran Bretagna, con l’uscita dall’Unione europea dovrà decidere se tutti gli atti emanati da Bruxelles perdono di valore. Il rischio è che, qualora il Regno Unito dovesse non riconoscere la validità degli atti legislativi comunitari, si blocchi temporaneamente il mercato, perché le macchine omologate da Ue non avrebbero più una omologazione valida nel Regno Unito. Se invece il ministero delegato ai trasporti dovesse adottare un regolamento ponte, in attesa di definire regole specifiche per l’omologazione nel Regno Unito, i costruttori si ritroverebbero un carico maggiore da sostenere in termini di procedure e burocrazia, con aggravio di costi. Non dimentichiamo che per i trattori agricoli l’omologazione è obbligatoria».

 

A Londra, intanto, si discute dell’Agriculture Bill, che sostituirà la Politica agricola comune. Per la presidente della Nfu (National Farmers Union, il sindacato degli agricoltori del Regno Unito), Minette Batters, «questo disegno di legge è uno degli atti legislativi più significativi per gli agricoltori in Inghilterra da oltre 70 anni». Theresa Villiers, segretaria all’Ambiente del Regno Unito, ha dichiarato che il progetto di legge «trasformerà l’agricoltura britannica, consentendo un equilibrio tra produzione alimentare e ambiente, che proteggerà le nostre campagne e le comunità agricole per il futuro». Per gli inglesi nessun rimpianto per l’addio al sistema della Politica agricola comune, vissuta dagli agricoltori britannici con fastidio per gli oneri burocratici, da sempre mal digeriti.

Le prospettive sono di un modello, come detto da Theresa Villiers, «più equo, che premia i nostri agricoltori che lavorano duramente per la fornitura di beni pubblici, celebrando il loro lavoro per l’ambiente e un approccio innovativo e moderno alla produzione alimentare».

Suggerimenti