La prima edizione di Book week è stata aperta con il libro di Tommaso Avati (“Il silenzio del mondo” di Neri Pozza): un silenzio assordante in un evento che vuole comunicare e parlare al pubblico non solo con le parole ma anche con i gesti come hanno testimoniato le mani alzate in alto dei presenti, molti non udenti, in segno d’apprezzamento del lavoro di Avati e che si è concluso nella commozione dei presenti. Il suo libro parla del tema della sordità e narra come i gesti e i silenzi valgano spesso più di mille parole. E’ il frutto di una condizione che l’autore romano, - già vincitore dl Montreal World Film Festival 2014 per la migliore sceneggiatura per “Il ragazzo d’oro” e del Nastro d’argento nel 2020 per il film “Il Signor Diavolo”-, conosce molto bene avendola sperimentata sulla sua pelle fin dalla nascita. Uno stato, lui nato nel 1969, che ha vissuto con profondo dolore e che ha voluto esternare senza però cadere nell’autobiografia
«Non era giusto a mio avviso ridurre il libro al racconto di un bambino che soffre. Per rendere veramente giustizia al tema della diversità in generale non dovevo scrivere il mio vissuto. Volevo narrare una storia, o meglio le vicende di tre donne sorde legate dal sangue e figlie di tre generazioni diverse: una nonna, una figlia, una nipote», ha raccontato Avati con Francesca Zanatta a tradurre il suo pensiero con la lingua dei segni. «Prima di scrivere il libro mi vergognavo molto del mio stato, non volevo far capire agli altri che avevo un “difetto”. L’ammetto ho sbagliato. Tra tutte le disabilità i sordi sono i più orgogliosi, perché sentono che la loro identità è stata negata», ha continuato Avati. « E un tema profondo, grande». E alla fine applausi e domande dai molti non udenti tra il pubblico.