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Un salto di qualità per attrarre a Verona un turismo diverso

Il turismo mordi e fuggi c’è già. È quello di chi sceglie Verona per una giornata, giusto in tempo per fare visita all’Arena o alla Casa di Giulietta. Oppure di chi fa tappa in centro nelle ore che precedono il concerto della pop star o del rapper di turno, all’interno dell’anfiteatro. Ma è questo il turismo che Verona vuole, al quale si sente legata, che desidera continuare ad alimentare? “Quale turismo?” per la città stretta tra le anse dell’Adige è l’interrogativo al centro del confronto tra Mario Puliero, direttore di Telearena e Paolo Arena, presidente di Confcommercio Verona a conclusione dell’appuntamento con Athesis New Job. «Stiamo parlando di un’industria in continuo cambiamento, che si sta evolvendo di anno in anno. Il sistema Verona è molto impegnato nel governare questa trasformazione del capoluogo e dell’intero territorio all’insegna del turismo come dimostra la nascita di Destination Verona & Garda Foundation, che sviluppa l’offerta dell’intera provincia. Alla base però c’è una necessità, serve visione», inquadra subito Arena.
«Occorre stabilire con chiarezza che turismo vogliamo, se siamo propensi a promuoverne un’opzione di qualità, che comporta una permanenza spalmata nel tempo e misurata in pernottamenti, allora serve lavorare ancora tanto», ammette il presidente della sezione scaligera di Confcommercio. Ecco, quindi secondo Arena cosa serve. «Dobbiamo essere in grado di offrire esperienze, questo è possibile solo facendo fare agli ospiti un salto di qualità in termini di formazione a collaboratori e imprenditori, mantenendo comunque la storicità che ci contraddistingue. Dobbiamo lavorare sulle infrastrutture e insieme sulla mobilità», prosegue Arena. «Sulla destagionalizzazione siamo invece impegnati da qualche anno e i risultati si vedono. Sul lago non si lavora più i canonici sei mesi ma molto più a lungo: in città arriviamo anche a dieci o undici», osserva.
In certi momenti si ha l’impressione che il Garda o Verona siano intrappolati nei flussi. Non si rischia di sforare nell’overturismo, soprattutto in certi periodi dell’anno? «Serve definire che tipo di turismo vogliamo: Camera di Commercio, associazioni di categoria, Comuni, Provincia puntano sulla qualità. Le strutture per il congressuale, ad esempio, le abbiamo, ma devono essere messe a disposizione e serve programmazione a lungo termine per alimentare questa proposta, inoltre bisogna continuare a studiare progetti culturali di altissimo livello come grandi mostre o altri eventi capaci di diventare attrazioni importanti. In questo senso sostengo che serva visione».
Necessaria anche per trovare la quadra sull’utilizzo del monumento simbolo della città, l’Arena. «Concentriamoci sulla lirica che porta turismo di qualità. Se il nostro obiettivo non è riempire e congestionare Verona, ma selezionare la clientela dobbiamo avere il coraggio di dire no a una certa tipologia di eventi», sollecita il presidente di Confcommercio. Tra le specializzazioni che possono portare valore aggiunto e visitatori altospendenti, c’è il turismo legato al vino. «In questo Verona non ha perso tempo e sotto la guida della Camera di Commercio da sette anni, unica città in Italia, è inserita nel circuito della Great wine capital, insieme a 11 altri centri che si trovano in Europa e altri continenti dall’ America, all’Australia fino alla Nuova Zelanda. Aree del mondo in cui risiedono tanti italiani o discendenti con doppio passaporto e voglia di tornare a vivere nel Paese d’origine. Spesso per il nostro turismo cerchiamo persone dotate di professionalità. Perché non cercarle in queste comunità?», propone.
Arena insiste anche sull’assoluta necessità di trattenere i tanti cervelli italiani in fuga: «Dobbiamo raccontarci un po’ meglio come Paese e mettere in evidenza le opportunità che offriamo e che non mancano neanche in provincia», afferma ancora pensando ai tanti talenti usciti negli ultimi anni. «Se riusciremo a trattenere le menti migliori e a diventare attrattivi per le tante comunità italiane nel mondo, l’inverno demografico, che segnerà il crollo del numero dei giovani pronti ad entrare nel mondo del lavoro nei prossimi cinque o dieci anni, sarà meno difficile da affrontare, anche a Verona»