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Il difensore Bostjan Cesar: «Io cattivo?
Sono gli altri che perdono la testa...»

BOSTJAN CESAR
L’urlo di Bostjan Cesar, 28 anni, alla prima stagione con la casacca del Chievo FOTOEXPRESS/UDALI
L’urlo di Bostjan Cesar, 28 anni, alla prima stagione con la casacca del Chievo FOTOEXPRESS/UDALI
L’urlo di Bostjan Cesar, 28 anni, alla prima stagione con la casacca del Chievo FOTOEXPRESS/UDALI
L’urlo di Bostjan Cesar, 28 anni, alla prima stagione con la casacca del Chievo FOTOEXPRESS/UDALI

Peccato per quella carta d'identità che denuncia i 28 e rotti anni d'età. Perché se solo ne avesse due o tre in meno - c'è da scommetterlo - i grandi club sarebbero tutti lì alla finestra per affidargli un pezzo di difesa. Lui, Bostjan Cesar da Lubiana, non se ne fa troppi crucci. Anzi, guarda alla sua straordinaria stagione, gongola al risultato del Chievo, sorride dei veri o presunti interessamenti che comunque qualche club (la Lazio?) gli riserva ma confessa che «a Verona lui ci sta benissimo». E che, tra l'altro, «il Chievo è forte».
Talmente forte che l'Europa, anche vista dal Bentegodi, è tutt'altro che una chimera: «Già quest'anno abbiamo perso per strada almeno 7, 8 punti che avrebbero potuto cambiare la nostra storia e garantirci la Coppa. Questa squadra ha tutto per riprovarci l'anno prossimo».
Fisico da granatiere e sguardo gentile, lo sloveno di Pioli fa un bilancio a 360 gradi della sua esperienza italiana e del felice matrimonio col club della Diga: «È stata sicuramente una buona stagione. Anche considerando che la Serie A, assieme alla Premier League, è il miglior campionato che si gioca in Europa».
Migliore nel senso di più difficile?
«Nel senso che qui ci sono buone squadre, molte buone squadre. E buoni giocatori, buoni attaccanti».
E il bilancio del Chievo? A salvezza praticamente raggiunta ci si può rilassare...
«Io penso che il Chievo sia una grande squadra. Abbiamo lavorato bene, concentrati per tutte le partite. Anche perché per noi non esiste una partita facile. Tutte sono complicate. E aver raggiunto i 42 punti resta un grande risultato».
Non sarete già con la testa in vacanza...
«No, noi lavoriamo ancora per fare punti. Ci sono ancora tre gare in calendario».
Il Chievo per Cesar è un punto d'arrivo o una tappa di passaggio?
«Il mio contratto non scade per cui è normale che io pensi di stare qui. Magari parlerò col club a fine campionato perché adesso io resto concentrato solo sul campo».
I corteggiatori però non sembrano mancare. E se solo avesse qualche anno in meno probabilmente in via Galvani ci sarebbe una fila lunga così per ingaggiarla.
«Può essere però io sono contentissimo di essere qui. Ho giocato praticamente tutte le partite. E penso proprio che resterò».
Si parla tanto della Lazio... Resterà solo una voce?
«Non lo so. Che se ne parli è una cosa positiva per me. Ma, ripeto, io ho un contratto che mi lega ancora al Chievo».
I numeri dicono che la difesa del Chievo è superlativa. Soprattutto in casa. Quanto pensa di aver contribuito Cesar alla solidità del reparto?
«Noi lavoriamo tutti. Gli attaccanti, i centrocampisti e poi, è normale, noi difensori. Ma se non si collabora tutti assieme il nostro lavoro diventa difficile. Abbiamo una squadra bella compatta, è vero, ma credo che questo sia un merito di tutta la squadra e non solo di noi difensori».
Che a vostra volta date una mano in attacco: Cesar quest'anno ha già segnato tre gol. Non male per un «deb». Qual è quello che ricorda più volentieri?
«Penso al primo gol in Serie A, quello segnato al Cesena».
La cronaca recente riferisce delle tre giornate di squalifica inflitte a Di Michele per un colpo rifilato proprio a Cesar. Non è stata la prima litigata di quest'anno visto che prima c'erano passati Ibrahimovic, Eto'o, Kozak... Non sarà mica che lei è un provocatore?
«Ma io ho parlato con Eto'o dopo la partita con l'Inter. Credo che quella domenica tutta la squadra nerazzurra fosse un po' nervosa. Perdevano a Verona. Ci sta».
Solo coincidenze allora?
«Magari non è un bene per il calcio, però noi giocatori a volte perdiamo un po' la testa. Il calcio è così. Basta vedere anche l'ultimo Bari-Roma. Spesso volano parole grosse».
Insomma, Cesar non è più cattivo degli altri...
«Dico solo che tutti vogliono vincere. Io poi faccio il mestiere del difensore ed è normale che sia un po' più aggressivo di altri. Come è normale che qualche attaccante si faccia prendere da un po' di nervosismo.... Ripeto: questo è calcio».
Non rimpiange di essere arrivato un po' tardi in Italia?
«È la vita. Io a 23 anni sono partito per Marsiglia, dove giocava una delle migliori squadre francesi. Poi è arrivato il West Bromwich. Ho fatto un po' di esperienze in giro per l'Europa. Ma magari è meglio così».
Perché?
«Perché rispetto a qualche anno fa ho imparato a giocare un po' di più con la testa. Sono più maturo. Mi sa che sono arrivato in Italia al momento giusto. Dico di più: che nel calcio italiano l'ideale sarebbe arrivarci dopo i trent'anni».
Torniamo a questo finale di campionato: sistemate le cose col Lecce c'è una bella trasferta in casa della Juve: cosa ne verrà fuori?
«È un po' più facile per noi perché avremo la testa sgombra. Ma non perderemo la concentrazione».
A Torino per vincere?
«Non posso dire adesso che lunedì faremo una grande partita. Anche perché giochiamo contro una grande squadra. L'importante sarà mantenere le nostre caratteristiche: ovvio che andiamo là per prenderci almeno un punto. Ma è la Juve che resta favorita».
Anche perché ha attaccanti - Matri, Toni, Del Piero - da cui guardarsi con la massima attenzione... A proposito: qual è il più forte della Serie A?
«Ibrahimovic. Lui è davvero un grande campione».
E il difensore più bravo?
«Dico Thiago Silva. E Nesta».
Solo milanisti?
«Posso aggiungere Chiellini».
Che però quest'anno ha fatto molto meno bene di Cesar...
«Ma se tutta la squadra non gioca bene in difesa diventa difficile pure per Chiellini...».
Il difensore in assoluto più forte della storia?
«Non saprei. Uno che ho ammirato molto è stato Marcel Desailly».
Chi ci va in Serie B?
«Bari, Brescia e Lecce».
E in Champions League?
«Milan, Inter, Napoli e Lazio».
Che rapporto ha Cesar con la città di Verona?
«Perfetto. Verona è una città fantastica per giocarci a calcio ma anche per viverci. La mia famiglia, mia moglie Nives, ci sta benissimo».
Mai pensato finora di fermarsi a vivere qui a fine carriera?
«No. Non ancora almeno. Ma credo che l'Italia, come la Francia, siano i Paesi nei quali si vive meglio. Magari qui la vita assomiglia di più a quella che si fa in Slovenia».
Frequenta la città?
«Certo. Io, mia moglie, con Jokic, Dimitrijevic e le loro ragazze ci facciamo spesso un giro in centro. Anche solo per berci un cappuccino».
A proposito di Dimitrijevic...
«È un buon giocatore anche se, non avendo mai giocato, non vive una situazione facile. Ma ha un'opzione per restare e spero che l'anno prossimo sia ancora qui per dimostrare il suo valore».
C'è qualche talento sloveno che consiglierebbe a Sartori per l'anno prossimo?
«Ce ne sono tanti. Del resto il calcio in Slovenia sta crescendo molto. Siamo in dieci solo in Serie A. Nomi? Non so, ce ne sono tanti».
Ha mai pensato che se la Jugoslavia non si fosse divisa oggi avreste una delle Nazionali più forti del mondo?
«Può essere. La più forte dopo la divisione? La Croazia. Ma anche Slovenia, Serbia e Bosnia giocano bene al calcio. Difficile scegliere».
Qual è il sogno di Cesar?
«Mi piacerebbe giocare la Coppa del mondo. Credo che sia il sogno per tutti quelli che giocano al calcio. Così come mi piacerebbe giocare la Champions League».
Giocarle o vincerle?
«Giocarle e vincerle, magari».
Ma questo Chievo in Europa League non ci poteva arrivare?
«Perché no? Se mi guardo indietro credo che almeno 7, 8 punti li abbiamo lasciati per strada. Tra gol presi al 90', mani di Robinho, episodi sfortunati... Speriamo di poter fare meglio il prossimo anno. Anche se è dura: in Italia ci sono almeno dieci squadre fortissime».
Qual è stata la miglior partita del Chievo quest'anno?
«Quella vinta con l'Inter».
E la migliore di Cesar?
«Mah, chiedetelo al mister».
Pioli resterà?
«Questo chiedetelo a Sartori. Ma Pioli è una gran persona e un bravo allenatore. Speriamo tutti che rimanga».