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SOLIDARIETÀ D’ALTA QUOTA

Guide afgane,
Verona fa scuola

Decolla il progetto dell’alpinista scaligero per promuovere le montagne dell’Afghanistan
Cristiano Tedeschi, direttore della Scuola di alpinismo Renzo Giuliani, del Cai Battisti, in Afghanistan
Cristiano Tedeschi, direttore della Scuola di alpinismo Renzo Giuliani, del Cai Battisti, in Afghanistan
Cristiano Tedeschi, direttore della Scuola di alpinismo Renzo Giuliani, del Cai Battisti, in Afghanistan
Cristiano Tedeschi, direttore della Scuola di alpinismo Renzo Giuliani, del Cai Battisti, in Afghanistan

Portare sulle montagne del Wakhan Corridor, nell’estremo nordest dell’Afghanistan, un’idea di turismo non invadente, ma utile a sostenere una microeconomia diffusa. È il progetto dell’alpinista veronese Cristiano Tedeschi, 57 anni, direttore della Scuola di alpinismo Renzo Giuliani della sezione Cai Cesare Battisti. Al lavoro per preparare guida alpinistiche e scialpinistiche afgane, dotarle di competenze e attrezzature. Promozione umana, sviluppo: non assistenzialismo. Questa la filosofia di Tedeschi, che l’estate scorsa con un amico cecoslovacco ha tentato di salire il Noshaq (7.492 metri) la cima più alta dell’Afghanistan. «È una terra, uno Stato, che evoca immagini di conflitti e atrocità. Eppure non è sempre stato così. L’Oxiana ha ispirato conquistatori e viaggiatori, da Alessandro Magno a Marco Polo. Siamo cresciuti sui racconti di Byron, Chatwin e Annemarie Schwarzenbach, ma i nostri sogni di viaggio furono presto frustrati dall’invasione russa (1979) dell’Afghanistan». Tedeschi però ha approfondito notizie da quella regione. «Tra queste è emerso il ricordo di un articolo che avevo letto su un italiano folle e visionario che in pieno conflitto America contro talebani si era inventato di andare a insegnare lo sci agli afgani», spiega. «Il progetto della scuola di scialpinismo Renzo Giuliani, che nel 2021 festeggerà i 50 anni, e della sezione Cesare Battisti, vuole idealmente raccogliere il testimone lasciato da Ferdinando Rollando, che portò lo sci nella regione del Bamyan nel 2011 e di Mountain Wilderness che formò e accompagnò i primi scalatori afghani a salire il Noshaq». Il programma ricorda quello dei salesiani e dell’operazione Mato Grosso, il Progetto Guide «Don Bosco en los Andes»: formare guide andine tra i “campesinos” delle montagne del Perù, che trovo sostegno tra gli altri da parte della Giovane Montagna. Tedeschi con i suoi compagni intende portare azioni concrete alle popolazioni di montagna, «che non raccolgono mai benefici dagli aiuti umanitari né l’attenzione dei governi. Genti di montagna che non hanno alternative alle valanghe che ogni anno mietono tra le trecento e le quattrocento vittime. Vorremmo portare una forma di turismo piccolo e consapevole, fatto di appassionati di montagna in un paesaggio pressoché inalterato», prosegue. «Vorremmo un’opportunità per i giovani montanari e pastori. Un progetto di microeconomia diffusa, come nelle vallate alpine alla fine dell’800». Il piano, quindi: formare guide locali, insegnare loro le tecniche e procurare i materiali per lo scialpinismo. Inoltre, raccogliere e divulgare relazioni di salite e trekking, creare una rete di referenti locali per trasporti e alloggi. «Vogliamo poi installare un piccolo laboratorio per manutenzione e riparazione degli sci», aggiunge Tedeschi, «e realizzare un video. Stiamo organizzando un primo gruppo che dovrebbe partire nella primavera 2019 e cerchiamo materiali e fondi per sostenere l’iniziativa».

Enrico Giardini

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