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Uccide convivente a martellate
e la veglia per cinque giorni

QUARTIERE PINDEMONTE. Pierluigi Petit, 58 anni, ha massacrato Daniela Bertolazzi, 60, nella notte tra martedì e mercoledì. Ora è a Montorio

Vivevano insieme da 20 anni. L'uomo è rimasto sul divano sconvolto: «Non so perché l'ho fatto». È stata la madre di lei a scoprire il terribile omicidio

 I necrofori dell'Agec portano la salma di Bertolazzi all'istituto di medicina legale per l'autopsia. La donna è stata uccisa a martellate dal compagno Petit FOTOSERVIZIO FADDA
I necrofori dell'Agec portano la salma di Bertolazzi all'istituto di medicina legale per l'autopsia. La donna è stata uccisa a martellate dal compagno Petit FOTOSERVIZIO FADDA

 I necrofori dell'Agec portano la salma di Bertolazzi all'istituto di medicina legale per l'autopsia. La donna è stata uccisa a martellate dal compagno Petit FOTOSERVIZIO FADDA
I necrofori dell'Agec portano la salma di Bertolazzi all'istituto di medicina legale per l'autopsia. La donna è stata uccisa a martellate dal compagno Petit FOTOSERVIZIO FADDA

Uccisa a colpi di martello. Una furia omicida arrivata dall'uomo con cui aveva trascorso gli ultimi vent'anni della sua vita. È così che è morta Daniela Bertolazzi, 60 anni, residente in quartiere Pindemonte, in via Carso 22, con il compagno di una vita Pierluigi Petit, 58 anni.
La donna dovrebbe essere stata uccisa martedì notte alle 2.30. Da quella notte il compagno non è più uscito di casa. Ieri mattina l'ha trovato la suocera seduto sul divano: «L'ho uccisa, non so perché. Quando? Otto giorni fa, credo».
Daniela era una broker di assicurazioni, così pure il suo compagno, che però era già in pensione. Lei era prossima. Anche se da tempo, dicono i vicini, non lavorava più. Abitavano in quel condominio cresciuto a ferro di cavallo. Soltanto due piani, una quarantina di appartamenti in dieci blocchi. La coppia abitava nella palazzina «L», siepi verdi e praticello attorno.
La palazzina «L», è proprio di fronte la guardiola del custode. Una vita «normale» come quasi sempre in casi analoghi. La coppia che fino a sette mesi fa circa usciva mano nella mano, oppure portando fuori il piccolo cane di una vicina che abita all'ultimo piano. Così per fare qualcosa, per interrompere quella monotonia fatta di spesa, pulizia di casa. E che pulizia: una casa linda, ordinata, quasi asettica.
Perfino ieri mattina, quando verso mezzogiorno l'ottantatreenne signora Bertolazzi ha deciso di recarsi a casa della figlia, visto che da giorni la chiamava al cellulare, ma rispondeva sempre Pierluigi: «Lo sa, quando Daniela ha la raucedine perde la voce e non riesce a parlare». Infatti Daniela non avrebbe potuto perdere la voce. La voce gliela aveva già tolta lui per sempre con un martello in acciaio, quasi nuovo, acquistato già anni fa, di quelli che da una parte hanno il mazzuolo, dall'altra la coda di rondine per togliere le viti.
Forse otto colpi, chissà, forse dieci, per eliminare per sempre quella donna. La sua donna.
«Era depresso», dice qualche vicino di fretta, «da sette o otto mesi non era più lui. Prima uscivano sempre di casa insieme. Nell'ultimo periodo vedevi che la coppia era scoppiata. Lei usciva verso le 17.30/18 da sola. Lui era taciturno, ultimamente. Depresso? mah, Daniela ha detto che c'era qualche problema, ma non amava raccontare gli affari suoi. Pare che lui dovesse andare da uno specialista, ma non era seguito. Anche qualche anno fa avevano avuto dei problemi, ma lei non l'aveva neanche confessato a sua madre».
Sua madre, ottantatreenne, fibra fortissima. Non ha vacillato ieri mattina trovando la figlia stesa a terra. Adosso soltanto gli slip e i collant, come se fosse stata colta di sorpresa alle spalle, mentre aveva deciso di spogliarsi per andare a letto.
«Non mi succederà niente», rassicurava l'anziana ieri i poliziotti, «se non mi è successo niente quando l'ho vista a terra così, cosa volete che mi succeda adesso? Avevo soltanto lei. Mio marito è mancato qualche anno fa. Ho retto. Reggerò».
Ieri mattina quella donna d'acciaio ha parlato a lungo con i poliziotti. Problemi tra sua figlia e il «genero»?
«A mia figlia non chiedevo degli affari suoi. Se era lei a volermi raccontare ascoltavo. Ma aspettavo che fosse lei. E non mi ha parlato di problemi particolari».
È stata quella donna anziana, ma che non si è piegata, a trovare il «genero» seduto sul divano. Ha chiesto dove fosse Daniela e lui ha fatto un cenno con la testa indicando la camera da letto. E Daniela era lì, in una pozza di sangue. Morta. Da quanto tempo? Dalla notte tra martedì e mercoledì presumibilmente, quando i vicini del piano di sotto svegliati di soprassalto (hanno le camere da letto speculari) hanno sentito prima un tonfo pesante, e altri ovattati. Soltanto ieri hanno capito che il primo era il corpo di Daniela che cadeva e gli altri era il compagno che infieriva su quella testa per almeno una decina di volte.
Da allora nessuno li ha più visti. Neanche lui, che è rimasto testimone e guardiano muto di quella salma.
Ieri verso mezzogiorno la signora Bertozzi non si è accontentata della scusa della raucedine e s'è diretta a casa della figlia. Ha le chiavi. E dopo aver visto il massacro ha chiesto aiuto a una vicina, ha chiamato la polizia.
Quando le volanti sono arrivate Petit ha detto qualche frase sconclusionata: «Non so perchè l'ho uccisa, non so con cosa, è stato molti giorni fa». La casa, a parte la camera da letto macchiata di sangue, era perfetta. Non c'è stata una lite, prima.
Nelle altre stanze qualche macchietta qui e là, a secondo degli spostamenti dell'omicida. Il letto della stanza fatto, come se neanche quell'ultima notte qualcuno ci avesse dormito. Lui è rimasto lì in attesa che accadesse qualcosa, che qualcuno lo scoprisse.
Ieri pomeriggio l'omicida, reo confesso, è stato ascoltato dal magistrato Federica Ormanni, assistito dall'avvocato Francesca Perini. Ha reso una testimonianza che non ha chiarito del tutto il perchè del suo gesto. Se a causarlo è stata la depressione, se è stata la gelosia che ha iniziato a insinuarsi nella sua mente. Lui sempre più chiuso in sè e in casa. Daniela che usciva e che quindi lo «abbandonava» e gli diceva che doveva curarsi.
«Era seguito dal medico», dicono i vicini. Ma quante sono le persone che assumono farmaci per essere meno tristi? Tanto basta a far prendere un martello e a fracassare la testa della donna con cui hai vissuto vent'anni?
Petit ha passato il pomeriggio di ieri in questura, finito l'interrogatorio è stato poi portato nell'infermeria del carcere di Montorio.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Alessandra Vaccari

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