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Stop al mercato clandestino, chip anche alle tartarughe

ANIMALI. La circolare ministeriale in vigore da gennaio ha recepito una direttiva europea. Il veterinario: «Dopo l'applicazione è necessaria la registrazione»
Le tartarughe sono spesso vittime di commerci illegali
Le tartarughe sono spesso vittime di commerci illegali
Le tartarughe sono spesso vittime di commerci illegali
Le tartarughe sono spesso vittime di commerci illegali

Le tartarughe terrestri come i cani. Al pari dei fedeli quattrozampe, dal primo gennaio scorso anche i rettili devono essere dotati obbligatoriamente di microchip, un transponder di ridotte dimensioni che solo i veterinari possono impiantare sottocute.
Lo prevede la Circolare interministeriale del 14 dicembre 2011, che recepisce una direttiva UE che tutela alcune specie selvatiche, tra le quali tartarughe del genere Testudo (Testudo hermanni, Testudo Graeca e Testudo Marginata). La circolare è perentoria: a partire dal primo gennaio 2012 è fatto obbligo di marcare i soggetti appartenenti alle tre specie tramite applicazione di un transponder permanente entro il primo anno di vita. Non solo: entro il 31 dicembre di quest'anno tutte le tartarughe del genere Testudo, di qualsiasi età, dovranno essere munite di microchip, pena sanzioni.
Una nuova incombenza, pertanto, attende gli allevatori all'uscita dal letargo delle amate bestiole. Circa 170, nel Veronese, gli allevatori censiti dal servizio Cites del Corpo Forestale dello Stato, cui spetta il compito di far rispettare la Convenzione di Washington (Cites, per l'appunto) sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione. Spiega il dottor Paolo Colombo, vice questore aggiunto, dirigente del CFS: «Gli esemplari nati in cattività negli ultimi 5-6 anni sono all'incirca 4.500, di cui circa il 90 per cento sono Testudo hermanni, mentre il restante 10 è suddiviso fra Testudo Graeca e Testudo Marginata. Ma risulta difficile», aggiunge Colombo, «quantificare il numero esatto dei riproduttori, ossia della coppia di tartarughe genitrici, anche perchè non esiste un database complessivo. Questi numeri, in parole povere, non tengono conto degli appassionati che detengono una o due tartarughe senza nascite in cattività e senza alcuna attività commerciale, e che quindi non hanno alcun obbligo di legge se non la regolare detenzione certificata dell'animale».
Mercato florido e in rapida espansione, quello delle tartarughe terrestri, specie se di provenienza esotica, come conferma il dottor Andrea Chinchio, al momento l'unico veterinario veronese che applica il microchip in miniatura ai rettili. «Un esemplare costa dai 100 ai 300 euro», informa il veterinario, «ma alcuni tipi che arrivano dall'Africa, ad esempio, possono arrivare anche a mille euro. E inevitabilmente al mercato ufficiale si affianca quello clandestino. Il microchip serve anche a debellare questo traffico, perchè finalmente si potrà avere una certificazione certa dell'animale. Certificazione che prima era affidata a una semplice fotografia».
Applicare il microchip alla propria tartaruga costa 20 euro più Iva. Il marcaggio viene praticato in ambulatorio, con o senza analgesia locale, sull'animale sveglio, tramite inserzione del microchip a livello sottocutaneo nell'arto posteriore sinistro (ma ancora non c'è una standardizzazione ufficiale a proposito, chiariscono i numerosi siti internet che trattano l'argomento).
La tartaruga si riprende immediatamente e non necessita di copertura antibiotica. «Una volta applicato il microchip», chiarisce il dottor Chinchio, «compiliamo un modulo che associa il microchip all'animale e con quel documento il proprietario si reca all'ufficio Cites per la registrazione. Tra i clienti non abbiamo allevatori professionisti, ma privati appassionati che detengono coppie di tartarughe che poi fanno figliare e talvolta partecipano alle mostre, dove per partecipare è necessario essere in regola». P.COL.

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