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Riflessioni rossoblù

Il dg Campedelli: «Virtus, ricordati chi sei. Corsa, forza e coraggio»

di Simone Antolini
Il direttore generale: «Le flessioni sono cosa fisiologica. Conta la gestione. La salvezza resta il punto fermo. E poi... senza limiti»

Due partite, due sconfitte. Zero gol fatti, sei subiti. La fotografia delle ultime due gare, però, non rende il “senso della Virtus“. Quarta in classifica, splendida sorpresa di inizio torneo, tredici punti in più rispetto alla scorsa stagione, quando proprio alla quattordicesima giornata i rossoblù ottennero la loro prima vittoria a Trento, cominciando la risalita. L’analisi di una flessione, quasi fisiologica, passa dai pensieri del direttore generale Diego Campedelli. Uomo di Virtus, uomo per la Virtus.

Campedelli, la Virtus si è inceppata?
«La flessione va capita. E, semmai, contenuta. Dico sempre: noi siamo la Virtus e non dobbiamo mai dimenticare da dove veniamo. Non possiamo prescindere da lotta, forza, coraggio, determinazione. Poi, ci sta anche il talento. Che non ci manca».

Il primo passo?
«Evitare, semmai fosse così, ogni pensiero appagante. Non ce lo possiamo permettere. Noi siamo quelli che non devono sentirsi mai arrivati ma che vanno alla ricerca di qualcosa di più. E qui è fondamentale che i senatori del nostro gruppo sappiamo infondere nei nostri ragazzi più giovani quel senso del dovere fondamentale per restare accesi».

E le due sconfitte contro Giana e Lumezzane?
«Diverse, molto diverse. A Gorgonzola è andato tutto male. La partenza non era stata male, poi gli episodi ci hanno penalizzato. Su tutti: l’espulsione di Juanito. Ma, nel corso di una stagione lunga e durissima, ci sono anche questi passaggi a vuoto. Vanno capiti, metabolizzati e superati. Il Lume? Buona gara. L’abbiamo gestita noi, siamo stati a lungo nella loro metà campo. Il gol preso nasce da uno sfortunato scivolone di Cabianca. E può capitare. Diciamo che è stata una di quelle partite che non dovevamo uscire assolutamente senza punti».

Impossibile fare confronti con la Virtus della scorsa stagione?
«Sarebbe sbagliato dire: siamo a +13 rispetto all’anno scorso di questi tempi, e quindi questa Virtus è più forte di quella di ieri. No, le dinamiche sono diverse, così come il campionato. Il confronto, semmai, può essere fatto alla fine del torneo. Partendo sempre dal presupposto che diventa difficile mettere a confronto due campionati diversi con giocatori diversi come protagonisti»

Quando dice: “siamo la Virtus, non dimentichiamoci da dove veniamo“ cosa intende?
«Intendo che la salvezza, magari ottenuta il prima possibile, resta sempre il primo obiettivo. Acquisita, dobbiamo fare un altro salto in alto. Questo gruppo ha bisogno di trovare nuovi traguardi da raggiungere. Serve per restare accesi».

E il nuovo traguardo da raggiungere, per restare accesi, quale può essere?
«Miglior piazzamento in classifica rispetto alla scorsa stagione (sesto posto ndr), o maggior numero di punti conquistati in campionato (58 ndr). C’è poi la corsa play off. Dove siamo andati avanti, molto avanti. Viviamo di sfide continue. Ma deve essere proprio così».

Come si esce da un momento di flessione?
«Rosicchiando punti, soffrendo, portando a casa tutto quello che c’è da portare a casa. La Virtus conosce bene il senso della sofferenza. Ma la Virtus di quest’anno deve imparare ad essere ancora più in controllo di se stessa. Abbiamo perso cinque volte. Mantova e Padova sono corazzate, e ci sta. Le sconfitte contro AlbinoLeffe, Giana e Lumezzane ci hanno lasciato invece quel senso di “si poteva fare di più“. E torno al concetto: dobbiamo esigere sempre il massimo da noi stessi».

Il pensiero positivo aiuta?
«Certo, dobbiamo restare sereni, non deprimerci. Tanti ragazzi, pescati dal basso, come Cabianca e Toffanin, si sono integrati alla perfezione nel nuovo gruppo e nella nuova categoria. Ora restiamo accesi».

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