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Intervista all'allenatore presidente

Gigi Fresco: «Virtus, che orgoglio: l’Italia sa chi siamo. Da Trento a Pescara un pieno di brividi»

Gigi Fresco, allenatore e presidente della Virtus Verona (fotoExpress)
Gigi Fresco, allenatore e presidente della Virtus Verona (fotoExpress)
Gigi Fresco, allenatore e presidente della Virtus Verona (fotoExpress)
Gigi Fresco, allenatore e presidente della Virtus Verona (fotoExpress)

Ai microfoni di Dazn, in diretta nazionale, o davanti a un gòto, al termine di uno degli ultimi allenamenti dell’anno, Gigi Fresco ha sempre la stessa faccia. Fedele a se stesso, genuino e spontaneo. Più che mai sereno, comunque, al volante della sua Virtus. Annata entusiasmante quella dei rossoblù, prossimi al “rompete le righe” ma con la testa ancora occupata dagli exploit degli ultimi mesi. La scalata alla B si è interrotta a Pescara.

Il presidente-allenatore rossoblù se l’è comunque goduta. Anzi, se la gode ancora: «Sì, anche a mente fredda restano la grossa soddisfazione, l’orgoglio», rivela lui, a due passi dal prato del “Mazzola”, col Gavagnin alle spalle. «Questa storia ci ha fatto davvero conoscere dappertutto. Qualche giorno fa al Rocce rosse c’era un gruppo di ragazzini del Vicenza che aveva appena fatto un torneo qua. Sono venuti a chiedermi un selfie, hanno voluto conoscere i miei giocatori... E nei giorni scorsi mi sono arrivate lettere, email e telefonate da tutta Italia. C’è gente che è partita da Imola per venirci a vedere, ho scoperto poi».

 

Al Gavagnin?

No, a Pescara. Anzi, lì so che è venuta gente a vederci anche da Mantova.

 

Qual è la prima fotografia che resta dell’annata?

Penso alla trasferta di Trento. Quando, se avessimo perso, ci saremmo ritrovati a dieci punti dalla salvezza. E invece abbiamo vinto. Quella è stata la vittoria più difficile e, direi, la più importante.

 

C’è un’istantanea particolare di quella serata là?

Dopo la partita sono venuti a prendermi due amici, Nicholas Santuari e Alessandro Segna, e assieme abbiamo attraversato a piedi il Briamasco e ci siamo fermati a fare foto vicino all’aquila. Io tra l’altro io ci sono nato a Trento...

 

E la sente come casa sua.

Certo. Io mantengo questi due legami forti con Rovereto, quindi proprio Trento, e Mantova - meglio, Monzambano - dove ho abitato.

 

E l’ultima istantanea che le resta di Pescara?

L’immagine, prima della partita, di tutta la gente che cantava “Gente di mare”. Un momento bellissimo. Tra l’altro con un pubblico che ci ha anche applaudito, che ci ha rispettato. Bella festa. Quando giochi in uno stadio così capisci dove sei arrivato.

 

Soprattutto se ripensi da dove sei partito.

Chiaro: noi abbiamo fatto otto categorie, un gradino alla volta. Poi ti trovi a giocare all’Adriatico e realizzi tante cose del tuo percorso.

 

Rispetto alla sua storia o ai suoi standard in cosa è crescita di più la Virtus? Come squadra ma anche come società, magari.

La società è cresciuta a livello organizzativo, la squadra come mentalità. Penso a Giacomel, la sera in cui abbiamo giocato in casa col Pescara, che va sotto la curva mentre prende posto in porta, indifferente ai cori ostili e agli sfottò dei tifosi ospiti. Non ha fatto una piega, pur essendo a due metri da loro. Lì capisci che hai fatto un salto importante di mentalità.

 

Quello della B era davvero un sogno realizzabile?

Io ci ho pensato davvero.

 

Ma avevate pensato anche a tutti gli adeguamenti del caso?

La B ti porta talmente tanti soldi che poi gli aspetti organizzativi sono il meno. Perché ti porta quei sei, sette, otto milioni di euro... Noi in B ci volevamo andare. Eravamo quasi ai quarti ma c’erano tante difficoltà.

 

In particolare?

Penso per esempio al fatto di giocare ogni tre, quattro giorni con il problema delle diffide incombenti. Bastava una doppia ammonizione. Così avevi la matematica certezza che, dovendo giocare dieci partite, tutti te ne saltavano una o due.

 

Dovesse ripresentarsi l’occasione qual è il piano B? Nel senso di... Serie B? Pensando soprattutto alla logistica?

Allora, noi potremmo intanto andare al Bentegodi...

 

L’alternativa per non... tradire la gente di Borgo Venezia?

Noleggiare una tribuna da 3500 posti da mettere in curva, al Gavagnin Nocini, lato Mazzola. Già fatti i calcoli: a Fermo ce n’è una da cinquemila posti. Quindi lì basterebbe spianare un pelo e la seconda curva ci starebbe tranquillamente. In ogni caso, Bentegodi oppure no, noi la nostra identità la manterremmo comunque attraverso il nostro simbolo, attraverso i nostri colori.

 

Il massimo della soddisfazione della stagione appena chiusa? L’aver davvero coinvolto Borgo Venezia nelle notti magiche? L’aver avuto la conferma di aver centrato il mercato o il fatto di aver stupito l’Italia?

Senz’altro l’ultima. Il fatto di esserci fatti conoscere così altrove è stato unico.

 

E qual è stata la cosa, letto o sentita, il messaggio che le ha riempito davvero il cuore?

Quello di Gigi Possente, lui mi ha commosso.

 

E tra giocatori?

Faedo, qualche giorno fa. L’ho salutato al suo ultimo allenamento. Mi ha detto “Grazie di tutto, mister”. Considera che lui è uno di poche parole, è indicativo. Mi ha fatto un piacere particolare.

 

E il fatto di ritrovarsi come persona sulla scena nazionale che effetto fa?

Fa piacere. Come fa piacere per esempio che mi e ci riconoscessero a Pescara. C’era gente che ci voleva comprarci i calzettoni (glieli abbiamo regalati)... Altri che ci seguivano per fare foto. Un po’ c’ero abituato con le storie del doppio ruolo o dei record ma non come tecnico. Ora credo che la gente abbia iniziato a pensare che sono davvero anche un bravo allenatore.

 

A proposito di uomini da record: resiste il sogno di incontrare Alex Ferguson?

L’idea c’è, anche se penso sia più facile incontrare il francese Guy Roux.

 

Ma se dovesse incontrare Ferguson cosa gli direbbe?

Gli direi che posso capire tutti i problemi (e le soddisfazioni) che ha avuto perché io l’allenatore-manager - come è stato lui - ho iniziato a farlo da subito, per necessità.

 

Il podio dei giocatori Virtus per Gigi Fresco, annata 2022-’23?

Domanda difficile, i miei sono anche permalosi...

 

Facciamo uno sforzo.

Cito - escludendo quelli famosi, cioè quelli che hanno fatto anche la Serie A - Daffara, Casarotto e Faedo.

 

La partita perfetta, a parte il raid di Trento, resta Vicenza?

Sì.

 

E il gol dell’anno?

Quello di Amadio a Trento.

 

Qual è la cosa che Fresco rifarebbe a prescindere dal risultato?

Ripresenterei la formazione di Pescara, al di là del fatto che fosse un po’ strana. Perché nel primo tempo ci aveva permesso di fare cinque occasioni noi e due loro, bloccandoli completamente a destra. È che poi nel secondo tempo non dovevamo prendere due gol in cinque minuti.

 

Quel che invece cambierebbe?

Sempre a Pescara, potevo mettere Faedo dalla parte di Delle Monache. Ho puntato sulle qualità di Daffara ma probabilmente avrei dovuto puntare più sulla velocità di Faedo. Anche perché Daffara aveva chiuso due partite coi crampi.

 

Da cosa ricomincerà la Virtus?

Dalla sua consapevolezza. Quella di una squadra che va in tutta Italia a giocarsela.

 

E da quanti giocatori di questo gruppo si riparte?

Da quasi tutti.

 

Anche quelli in scadenza?

Sì perché tanti non sono ancora stati rinnovati ma sappiamo che resteranno. E con qualcuno, vedi Daffara, sappiamo che basta una stretta di mano, che ci siamo già dati. E anche sui prestiti abbiamo già accordi coi club di appartenenza per quasi tutti.

 

Parliamo di questa capacità di pescare il jolly - vedi Casarotto - dalle categorie inferiori.

Qui il merito è del mio direttore sportivo Matteo Corradini e del digì Diego Campedelli e di tutto il sistema di scouting che abbiamo. Aggiungo che adesso molte società ci stanno contattando per proporci i loro giovani. Tutti hanno visto che noi i giovani li facciamo giocare.

 

Domanda provocatoria: se il Diavolo - o chi per lui - le garantisse la realizzazione del sogno di portare la Virtus in B col vincolo, però, di dover vendere in club ventiquattr’ore dopo?

Se avessi la garanzia che l’acquirente ha un progetto serio, e saprebbe seguire la società con amore, venderei. Ma solo in quel caso.

 

Ma che cosa sarebbe Gigi Fresco senza la sua Virtus e la Virtus senza Fresco?

Io sarei una persona più povera. Dentro intendo, non economicamente. E la Virtus sarebbe forse una società meno forte, anche se ho tanti ragazzi bravi che già lavorano qui. Da Matteo Saorin, che sta prendendo in mano tante cose, a Corradini, Campedelli, Nicola Franchini. Giovani pronti che in tante cose magari ci arrivano anche prima di me, al di là dell’esperienza che devono per forza farsi.

 

C’è una persona a cui dedica i risultati di questa stagione?

A mia mamma, a mio fratello, a mio papà e alla mia compagna.

Francesco Arioli

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