Sofferenza e speranza, crisi e redenzione. Concetti in apparenza lontani, invece mai così vicini: la Virtus oscilla in una strana, inattesa, pericolosa ambivalenza.
Sarà un finale di stagione descritto da un paradosso: il rischio della caduta ai play-out è concreto come la vicinanza dell’obiettivo salvezza. Condizione che, fino a gennaio, era lontanissima dalle percezioni degli addetti ai lavori, pessimisti cronici compresi.
Ma la Virtus bella e possibile, concreta ed elegante ammirata nel girone d’andata oggi è un ricordo sfumato, quasi un ologramma.
Il tema è arci noto: dalla partenza di Faedo e Casarotto nel mercato di gennaio la Virtus ha smarrito certezze ed equilibri. In primis in termini di imprevedibilità offensiva: senza gli strappi e l’attacco alla profondità garantiti da Casarotto la proposta d’attacco virtussina si è ridotta ad un concentrato di buone intenzioni. L’idea di attaccare l’area con i cross e gli inserimenti dalle retrovie è logica, ma attualmente insoddisfacente.
I numeri
I numeri fotografano bene l’involuzione rossoblù. Sarà pur vero che la matematica non racconta tutto ma restano sempre i dati oggettivi gli elementi imprescindibili da cui impostare qualsiasi interpretazione.
Fragilità diffuse
Andando per gradi, lo stato dell’arte virtussino appare verosimilmente questo: quota 40 punti, raggiunta due settimane fa, non basterà per una primavera sportivamente priva di ansie. Il piatto piange da tempo: due sole vittorie nel girone di ritorno, dodici punti racimolati su quarantadue disponibili, sette gol fatti a fronte di diciassette subiti. Un conto asciutto, figlio di mille variabili ma al contempo espressione di una fragilità diffusa.
La salita di Cabianca, un difensore al primo anno tra i professionisti, a capo cannoniere del gruppo con 4 reti, è l’emblema dell’evanescenza offensiva. Un fattore rilevantissimo: se produci gioco senza concretizzare, il rischio di subire la rete anche casuale rimane dietro l’angolo.
Altro riferimento d’analisi: la Virtus ha tenuto sì testa a due big come Vicenza e Padova, pareggiando in entrambe le occasioni, ma non sa più vincere gli scontri diretti. Le cadute con Novara, Pro Sesto, Trento e Lumezzane pesano come un macigno. I quattro schiaffi a Mantova hanno portato in dote infortuni in serie (Daffara, Gomez, Zarpellon) prima di un trittico di incroci alla portata con Trento, Giana Erminio e Lumezzane. Sottrazioni via via recuperate, ma su nove punti disponibili in saccoccia ne è finito uno soltanto. Eppure, a cinque giornate dal termine, la Virtus è tanto consapevole dei propri mali quanto della vicinanza della potenziale guarigione.
Questione di obiettivi
I play-off paradossalmente distano tre punti al pari della zona play-out. L’involuzione di risultati è un male diffuso anche tra le avversarie: il Renate, prossimo avversario, ha esonerato Colombo richiamando Pavanel; ad Arzignano Bentivoglio ha rilevato Bianchini, la Pro Sesto penultima non scoppia certo di salute. Avversaria, la truppa meneghina, da tener d’occhio: la Virtus ha 13 punti in più, se arrivasse quint’ultima si salverebbe senza play-out con un distacco maggiore di otto punti. Anche una sola vittoria potrebbe bastare per la salvezza: sarà vitale coglierla quanto prima.