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L'anniversario

Sessant'anni fa la tragedia di Cabianca. Il figlio: «Di notte la sogno ancora»

Giulio Cabianca
Giulio Cabianca
Giulio Cabianca
Giulio Cabianca

Sessant’anni fa in pista a Modena, oggi Parco Enzo Ferrari, moriva uscendo dal circuito Giulio Cabianca.

Durante un test al volante di una Cooper Ferrari andò incontro al tragico destino. La vettura uscì di pista per via di un problema al cambio e invece di arrestarsi proseguì la sua folle corsa sulla via Emilia (complice un cancello lasciato aperto) travolgendo quattro auto e tre motociclisti in transito sulla strada statale. Il bilancio complessivo fu di quattro morti.

«Qualche volta mi sogno ancora quel giorno». Chi parla è il figlio Cesare, classe 1944, testimone oculare di quel tremendo schianto di sessant’anni fa. Sul web in molti indicano il 17 come data dell’incidente e del decesso ma fu invece la sera del 15 giugno del 1961. «Ero uscito dal collegio per andare a festeggiare la promozione. Mio padre mi aveva portato a Modena» ricorda Cesare, «l’uscita di pista in curva e la Ferrari Cooper che infila il cancello aperto. Un botto. Sono rimasto impietrito. In ospedale ricordo un grande uomo, Enzo Ferrari, che disse ad uno dei suoi collaboratori di portarmi mia. Erano le nove di sera, mio padre era appena deceduto in seguito alle numerose fratture riportate».

Un problema al cambio si disse ma la verità non venne mai a galla. «All’epoca era così, si moriva come le mosche in auto. Erano dei cavalieri senza paura, i piloti». Castellotti, Musso e Cabianca. Eccoli insieme nella foto che Cesare custodisce gelosamente nell’elegante negozio di orologio e preziosi che gestisce insieme al figlio Andrea. La gara. «Una volta» racconta Cesare, «non esistevano i circuiti. La Formula Uno iniziò nel 1950. Nel dopoguerra le gare si svolgevano su strada. E la Mille Miglia era una tra le corse più popolari al mondo. Tutte le case automobilistiche più importanti avevano macchine e piloti. E poi c’erano i gentleman driver. Fu proprio a causa di un’uscita di strada di uno di questi, De Portago, che venne sospesa la Mille Miglia. A Guidizzolo in provincia di Mantova perse la vita, lui e il navigatore oltre a tanti civili tra cui bambini». Gli occhi chiari di Cesare Cabianca si inumidiscono ancora.

 

 

Uno sport violento, l’automobilismo, figlio dell’epoca. «Si correva con le balle di fieno ai lati. Non c’erano le misure di sicurezza di oggi. Ricordo una gara a Reims in Francia. Ci fu un incidente dietro l’altro». Cabianca era uno dei grandi interpreti del volante, vinse in ogni angolo del mondo. Mai più Verona ha avuto un pilota della sua bravura e del suo istinto.

 

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