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L'intervista

Ramagli: «Un onore essere storia della Scaligera. Verona mi ha dato gioia e complicità. Boscagin e Rosselli le nostre anime»

Alessandro Ramagli è il tecnico più longevo della storia della Scaligera. Ha conquistato una promozione e una Coppa Italia di A2
Record Alessandro Ramagli è il tecnico più longevo della storia della Scaligera. Ha conquistato una promozione ed una Coppa Italia di A2
Record Alessandro Ramagli è il tecnico più longevo della storia della Scaligera. Ha conquistato una promozione ed una Coppa Italia di A2
Coppa Italia e salto in A 239 numero da record

L’eternità non fa per lui. «Ma essere storia della Scaligera è un grande onore». Domenica 14 aprile, nella gara del Forum tra Tezenis Verona e Juvi Cremona, Alessandro Ramagli diventerà il coach più longevo della storia della Verona del basket: 239 panchine da capo allenatore, una in più di Franco Marcelletti.

«I viaggi si svelano strada facendo. Non sono i contratti a fare la differenza, i miei sono sempre molto corti. Sono le connessioni a creare il percorso. E Verona oggi è diventata casa e famiglia. Un piccolo mondo che amo. Un percorso non solo professionale. Apprezzo i vini della Valpolicella, che preferisco al nostro Chianti. Amo la vostra cucina, amo i veronesi che sono diversi dai veneti e che sono molto simili a noi livornesi».

I successi

Dove? «Nella passione, nella follia, negli eccessi. Nel modo di vivere anche lo sport. Verona respira lo sport. Penso alla grande connessione che c’è con l’Hellas. Ma anche all’affetto della gente per la Scaligera. Sono qui da tanto tempo e ho assorbito Verona. Mi sento un sangue misto».

Una Coppa Italia di serie A2, una promozione in A1 i successi di Ramagli. «Ma non sono le vittorie a regalare le foto del viaggio. Spesso emergono altri piccoli particolari che valgono molto di più». Uomini, caporali, gregari, stelle. La sua Scaligera in due nomi: «Giorgio Boscagin e Guido Rosselli. Il primo ha rappresentato degnamente lo spirito Scaligera, non solo per il fatto di essere veronese. Giorgio ha cambiato nel tempo il suo “stare in campo“, incarnando alla perfezione la dimensione Verona.

E poi Guido: giocatore unico, ragazzo di talento infinito, un leader carismatico. Gli ho visto fare cose impossibili. Che oggi non vedo fare a nessuno».

Altri due anni?

Il rapporto con la famiglia Pedrollo? «Non riesco a dare del “tu“ a chi è il mio datore di lavoro. Credo che debba esserci giusto distacco e rispetto. Ma con la famiglia Pedrollo si è andati oltre, creando anche un rapporto di fiducia ed affetto».

Non a caso per Ramagli sarebbe già pronto un estensione dell’accordo per altri due anni, con possibilità di uscita al termine del primo. «Oggi va celebrato il passato e deve esserci grande rispetto per il presente. C’è una stagione da chiudere, un momento difficile da superare. E, sono ancora convinto, che superata la burrasca potremo ancora cercare di fare quello che abbiamo intenzione di fare dentro a questa stagione».

La sua Tezenis più forte? «Non la più forte, ma quella che giocava meglio con i migliori passatori: De Nicolao, Giuri, Monroe, Ndoja e il gruppo. Era il mio terzo anno. Poi c’è la Tezenis di due stagioni fa, quella imprevedibile, quella che ci ha regalato una promozione inattesa. Quattro leader: Anderson, Rosselli, Pini e Candussi ed un gruppo di ragazzi straordinari». C’è stato pure un passaggio veloce in serie A1. Troppo veloce. «Sapevamo che sarebbe stata stagione di sofferenza. Non potevamo sapere quello che sarebbe successo con Selden. E poi, a poche giornate dalla fine, battiamo Sassari in casa ma perdiamo Smith per infortunio. Eravamo salvi, il calendario non era impossibile. Purtroppo, però, la perdita di Taylor ci ha mandato in grave difficoltà. Ci fosse stato lui...».

Nuove identità

E adesso? «Adesso stiamo cercando di diventare diversi da quello che eravamo all’inizio. Considerati i tanti infortuni, non possiamo fare altro. Avevamo trovato una identità precisa, la regular season si era chiusa in maniera positiva. Purtroppo dobbiamo ritararci. Ad inizio 2024 ho detto: datemi la salute. Oggi ripeto: abbiamo bisogno solo di quella».

E la città? «La vivo da sempre anche se non ho mai vissuto in centro. Prima a San Massimo, adesso a Parona, dove respiro la Valpolicella. L’Arena rende unica Verona. Ce l’avete solo voi così. Purtroppo non ho mai assistito ad un’opera, a differenza dei miei genitori, grandi appassionati, che saranno venuti 20-30 volte. Ma durante il Covid ho avuto il privilegio di partecipare ad una visita guidata all’Anfiteatro, e la sensazione mi riempie ancora. Poi, c’è Piazza Erbe. Amo viverla a banchi chiusi. Con i suoi spazi e i suoi silenzi. Verona mi ha dato gioia e complicità. Ormai viaggio senza navigatore, anzi, divento punto di riferimento per amici che vengono qui in visita».

Ricorda il primo contatto? «Mi chiamò Alessandro Giuliani, fu così anche al mio ritorno. Vivo dentro ad una dimensione che mi sta sulla pelle». Domenica entrerà nella storia.

Simone Antolini

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