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L&#39;ANNIVERSARIO.

Mandorlini, tre anni in gialloblù

«L'Hellas è il mio mondo, Bagnoli un grande, Martinelli un secondo papà Il Trap è stato un esempio di vita ma non chiamatemi trapattoniano...»
Mandorlini sotto la targa con il verso di Shakespeare «Non esiste mondo fuori delle mura di Verona...»
Mandorlini sotto la targa con il verso di Shakespeare «Non esiste mondo fuori delle mura di Verona...»
Mandorlini sotto la targa con il verso di Shakespeare «Non esiste mondo fuori delle mura di Verona...»
Mandorlini sotto la targa con il verso di Shakespeare «Non esiste mondo fuori delle mura di Verona...»

Un brindisi per festeggiare il terzo anniversario sulla panchina dell'Hellas. L'avventura in gialloblù di Andrea Mandorlini iniziò il 9 novembre del 2010, il Verona era al quartultimo posto in C1, con solo 13 punti in classifica dopo 12 partite e mezzo piede in C2. Sono passati 1095 giorni, l'Hellas ha centrato due promozioni in tre campionati e ora è quarto in Serie A. Dalla A alla Zeta le emozioni, i ricordi, le soddisfazioni e i dolori del mister gialloblù.
A COME SERIE A. «Il coronamento di un sogno, si è chiuso un cerchio dopo qualche amarezza di troppo. E poi è bellissimo essere tornati in A con il Verona, di aver riportato in alto una piazza che merita tantissimo».
B COME BAGNOLI. «In più di un'occasione hanno accostato il mio Hellas a quello di Bagnoli per il carattere, l'atteggiamento, l'organizzazione di gioco. Non può che farmi piacere anche se lui è riuscito nella grandissima impresa di vincere lo scudetto. E poi il mister è una grande persona, l'ho conosciuto mi ha dato subito una sensazione di correttezza, di forza, di onestà intellettuale. L'avevo detto appena arrivato, vorrei aprire un ciclo come ha fatto lui».
C COME CLUJ. «Volevo rimettermi in gioco, pur di allenare avevo accettato di emigrare in Romania. Ho provato la grande soddisfazione di vincere tutto - il campionato, la Coppa e la Supercoppa - e di qualificarmi per la Champions League ma poi mi è arrivata la mazzata, mi hanno esonerato senza un motivo, non so ancora il perchè. Una delusione incredibile. Ho fatto due mesi da solo, a caccia, a riflettere. Poi è arrivata la chiamata del Verona».
D COME DERBY. «Lo so che è una partita molto importante e molto sentita, soprattutto dalla nostra gente ma non ci penso, non ci ho ancora pensato. Adesso c'è il Genoa, poi la sosta. Ci saranno quindici giorni di tempo per pensarci. Non voglio creare troppa tensione adesso».
E COME EUROPA. «Allora meglio chiarire subito una cosa. In questo momento il Verona sarebbe qualificato per l'Europa League e questo è un dato di fatto. Vuol dire che ce lo siamo meritati. È giusto che ci sia entusiasmo tra i tifosi e i giocatori perchè non dovrebbe essere così. Ma vi assicuro che questa squadra ha i piedi ben piantati per terra, nessuno si monta la testa. Prima raggiungiamo l'obiettivo poi ci divertiamo».
F COME FIGLI. «Anche loro calciatori. Davide poteva fare di più, un professionista esemplare, forse troppo buono. Matteo mi assomniglia caratterialmente, ogni tanto "sbrocca". Ha grinta, è determinato, vuole arrivare a tutti i costi. Calcio a parte, però, sono soddisfatto perchè sono due bravi ragazzi».
G COME MANDORLINI GIOCATORE. «Sono contento di quello che ho fatto. Anzi, sapete che cosa vi dico, sono arrivato più in alto di quelle che sono le mie potenzialità. Ho fatto la gavetta, ho indossato la maglia della mia squadra del cuore, ho vinto praticamente tutto con l'Inter e ho conosciuto grandi giocatori».
H COME HELLAS. «Il mio mondo, mi sembra di essere qua da una vita. La gente mi ha adottato, mi vuole bene, mi fa sempre sentire il suo affetto. Non solo i tifosi ma anche le persone che incontro per la strada. Vorrei fermarmi a Verona per sempre».
I COME INTER. «Non è da tutti giocare con la squadra del cuore, ci sono riuscito e questo mi ha dato una gioia incredibile. Sono arrivato ragazzino, me ne sono andato uomo. All'inizio tutto San Siro mi fischiava quando toccavo il pallone poi sono diventato uno dei beniamini della Curva. Perchè ero generoso, determinato, sempre pronto a sacrificarmi per tutti. Dieci giorni fa, quando siamo tornati con il Verona, i tifosi nerazzurri mi hanno fatto un coro bellissimo, vuol dire che ho lasciato un bel ricordo».
L COME LIVORNO. «Le dichiarazioni alla vigilia della partita con il Livorno mi hanno rovinato la vita, ancora adesso, in alcuni stadi, alla fine della partita, è sempre quella la prima domanda. Ripeto ancora una volta che non volevo offendere nessuno e nemmeno aizzare la folla. Sono stato mal interpretato e strumentalizzato. Non lo rifarei, ho pagato a caro prezzo».
M COME MARTINELLI. «Non è stato solo il mio presidente. Ci siamo voluti bene, mi ha dato in mano fin dal primo giorno le chiavi della squadra, mi ha aperto le porte della società. Ci sentivamo tutti i giorni. Ho perso il papà da giovane e con lui avevo stabilito un rapporto bellissimo, come in famiglia. Mi manca, mi manca ogni giorno».
N COME NONNO E NIPOTI. «Ho poco tempo per fare il nonno ma ho due splendidi nipoti: Andrea junior figlio di Davide e Mia figlia di Matteo. Diciamo che soprattutto in estate mi dedico a loro. Un altro Andrea Mandorlini nel calcio? Può essere. Chissà cosa dirà la gente: ancora Andrea Mandorlini? No, basta....»
O COME OBIETTIVO. «Dobbiamo raggiungere la salvezza al più presto. In Serie A non puoi sbagliare, può succedere veramente di tutto. Per l'Hellas è troppo importante mantenere la categoria quest'anno e assestarsi economicamente poi si può ragionare con più calma al progetto».
P COME PROMOZIONE. «Ho centrato quattro promozioni - due con il Verona, una a Spezia e una a Bergamo - e ho conquistato lo scudetto in Romania ma potevo vincere qualcosa in più visto che ho perso quattro play off. Comunque non ho vinto solo a Verona, basta pensare alla promozione con lo Spezia, un anno senza perdere una partita. Non ci sono riusciti in molti».
Q COME QUOTA 22. «Viaggiamo con una media di due punti a partita, chi l'avrebbe mai detto in estate? Ventidue punti sono tanti, il quarto posto bellissimo, ora dobbiamo restare concentrati. Quello che abbiamo ce lo siamo meritati, dobbiamo andare avanti con questa consapevolezza».
R COME RAVENNA. «La città dove sono nato, dove vivo, dove torno dopo le partite. Lì è rimasta la mia famiglia. Me n'ero andato da ragazzino per inseguire un sogno, la vivo molto di più adesso da uomo maturo, innamorato di una città a misura d'uomo, del mare, delle passeggiate sulla sabbia con il profumo del sale».
S COME SETTI & SOGLIANO. «Dopo un anno insieme il rapporto è maturato, non sono mancati e non mancano i confronti serrati ma ci sta, tra uomini di carattere. Alla base però c'è sempre grande lealtà. Il presidente vuole sempre il massimo, lavora sempre a mille e chiede a tutti uno sforzo in più. Solo così si può arrivare in alto. Ma non l'ho mai sentito lontano da me. Sogliano l'avevo conosciuto da giocatore, difensore arcigno, l'ho ritrovato da direttore sportivo, preparato e diplomatico. È giovane ma sta lavorando sodo e ha curato bene i rapporti. L' ho detto anche a lui, se ci fossimo conosciuti prima potevamo vincere di più, tutti e due».
T COME TRAPATTONI. «È stato il mio maestro ma non chiamatemi trapattoniano, abbiamo due modi di vedere il calcio molto diversi. Cambia anche l'organizzazione di gioco. Il Trap, come Mazzone, sono stati fondamentali nella mia crescita umana da allenatore, soprattutto nella gestione dello spogliatoio. Grandissimi.
U COME UDINE. «Lì ho chiuso la mia carriera da giocatore e iniziato ad allenare in Serie D con la Manzanese. Sono stato bene, una città che non ti dà pressioni, io e mia moglie avevamo anche ipotizzato di rimanere lì a vivere».
V COME VITTORIE. «Abbiamo vinto tanto con l'Hellas, in 132 partite ben 72 successi, sono tantissimi. Poi 35 pareggi e 25 sconfitte. Abbiamo infranto tanti tabù e ritoccato record storici. Sono risultati che resteranno sempre nella storia gialloblù».
Z COME ZIO BERGOMI E ZENGA. «Ma anche Tardelli e Klinsmann, Diaz e Rriccardo Ferri. Compagni di squadra nell'Inter dei record ma soprattutto amici. Il Trap mi metteva sempre in camera con gli stranieri, parlavo solo l'italiano ma diceva che così capivano come dovevano comportarsi, com'era fatti quelli che giocavano nell'Inter. Ero un punto di riferimento, sapevo ascoltare. Mi ricordo che Tardelli restava in camera mia fino alle tre, alle quattro a chiacchierare. "Vattene, domani c'è la partita, tu sei un fuoriclasse, io no...". Lui rideva e restava lì,
a parlare di tutto e di più. Forse il Mandorlini allenatore è nato proprio lì, in quelle notti insonni»

Luca Mantovani

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