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L'intervista a Elia Viviani

«Il mio anno no? Non solo jella Ora resettare e ripartire»

Elia Viviani ha appena chiuso il suo anno più nero
Elia Viviani ha appena chiuso il suo anno più nero
Elia Viviani ha appena chiuso il suo anno più nero
Elia Viviani ha appena chiuso il suo anno più nero

La stagione di Elia Viviani si conclude senza vittorie. L’olimpionico è salito solo quattro volte sul podio, secondo nella kermesse d’apertura in Australia (primo Ewan) e nelle prime tappe in Algarve e in Occitania e terzo nella Clasica de Almeria dopo Ackermann e Kristoff. Prima del lockdown, si era classificato quarto nella prima tappa del Tour Down Under, decimo alla Race Torquay, nono alla Cadel Evans, settimo nella terza tappa in Algarve. Alla ripresa, dopo un ottavo posto in Occitania, ha colto un sesto, un quarto e un quinto posto di giornata al Tour, un quinto e due decimi posti al Giro. Viviani rimane ampiamente l’italiano in attività più vincente (79) e resta nella top ten mondiale dopo Greipel (158 vittorie), Cavendish (150), Valverde (128), Sagan (118), Boasson Hagen (96), Gilbert e Kristoff (81).

Nell’ultima settimana del Giro puntava alla tappa di Asti, terzultimo giorno di corsa, ma la tappa è stata dimezzata e il gruppo ha dato spazio alla fuga di giornata. In una lettera aperta, l’Associazione dei corridori professionisti (Cpa) ha spiegato i motivi della scelta (che niente ha avuto che fare con le condizioni climatiche, ma perché stremati dalle fatiche accumulate nei giorni precedenti in 15 mila metri di dislivello e 600 km, più trasferte infinite e ricorrenti sveglie all’alba).

Viviani osserva: «A nessuno piace fare scene del genere ma i corridori erano tutti uniti e si arrivava da giornate incredibilmente dure. È stato un segnale forte che deve essere ricordato quando si considerano i percorsi. Questo non toglie che noi corridori siamo tutti grati a Rcs per aver organizzato il Giro in un anno così difficile».

 

Era la sua ultima occasione per vincere ma in fuga c’erano due suoi compagni di squadra e non poteva tirare.

«L’occasione è sfumata. È vero, nessuno voleva controllare la tappa. Demare, in particolare, per non rischiare la maglia ciclamino. Sagan ci ha provato ma era tardi. Noi Cofidis avremmo controllato se fossero stati pochi i corridori in fuga. Dispiace, ma è andata così».

Cosa si porta dietro di questo Giro?

«La bellezza dell’evento, l’affetto dei tifosi che mi rende orgoglioso e mi tiene su anche in un anno del “tutto no”, il fatto di aver lottato e portato a termine il quinto Giro, che per me è proprio una corsa speciale».

Chiude per la prima volta una stagione da «prof» senza vittorie. C’è stata anche sfortuna?

«La sfortuna non è mancata ma non ci si può aggrappare a quella. Qualcosa non è andato, è chiaro. Non siamo riusciti a creare il gruppo che avevo pensato e io non ho mai avuto una marcia in più. Così siamo entrati in un tunnel da cui non siamo mai usciti nonostante la grande volontà da entrambe le parti».

Questa anomala stagione è finita, è tempo di vacanza?

«La vacanza è legata ai possibili spostamenti in Europa o meno. Sono a casa mia, a Monaco, e si sta bene. Probabilmente quest’anno si tratterà di fare qualche fine settimana di relax qua e là. Saranno, comunque, vacanze e molto riposo per poter resettare e ripartire».

Ha qualcosa in programma per la pista?

«La pista rientra pienamente nei miei programmi di allenamento. È uno dei punti che è mancato molto in questo mio anno no. In base al calendario pista, rientrerò alle gare a dicembre e gennaio».

Ma l’anno-no è finito.

«I prossimi mesi mi serviranno per resettare tutto. Di questo 2020 non posso tenere davvero niente di buono, quindi devo ripartire da zero e continuare a credere di poter costruire un gruppo intorno a me e tornare al livello dei migliori». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Renzo Puliero

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