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Setti: «Aiuti al cinema e niente al calcio». E su Barak stima: «Vale 25 milioni? Penso che siano pochi»

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Maurizio Setti, presidente dell'Hellas Verona (fotoExpress)
Maurizio Setti, presidente dell'Hellas Verona (fotoExpress)
Maurizio Setti, presidente dell'Hellas Verona (fotoExpress)
Maurizio Setti, presidente dell'Hellas Verona (fotoExpress)

«Quanto vale Barak? Diciamo tanto. Leggo certi numeri e mi viene da ridere. 25 milioni? Non lo so, penso che siano pochi». Lo ha dichiarato Maurizio Setti, presidente dell’Hellas Verona, intervenuto a «La politica nel pallone» su Rai Gr Parlamento. «Non sono io che decido il prezzo ma chi vuole il giocatore. Ora ce lo teniamo stretto, ma sicuramente capisco che per lui è un momento importante, è maturo - ha osservato Setti - Ieri era contentissimo dopo la tripletta, girava per lo spogliatoio col pallone in mano. Ha necessità di andare in un grande club, per caratteristiche può giocare nei primi 4-5 club d’Europa. Ma aspettiamo e se continua così il prezzo sale».

 

Salvezza e futuro

Cristallino, oseremo dire, il commento di Setti. Il patron gongola perché di fatto con 30 punti ed ancora 16 giornate da qui alla fine del campionato la squadra può ritenersi salva. Altri soldi entreranno nelle casse del Verona e non solo di diritti televisivi. Bisogna tenere conto però di come il Covid abbia penalizzato i club calcistici. Nella passata stagione il Verona parlava di una decina di milioni di mancati introiti. Pensate che solo di tamponi e spese relative alla prevenzione, l’Hellas ha speso quasi due milioni di euro. A questi vanno aggiunti i mancati ricavi dal botteghino. Meno male che c’è l’aspetto tecnico a bilanciare il tutto. Perché se Hongla, Ilic e Lasagna hanno reso finora meno delle aspettative e di quanto è stato speso per loro, d’altra parte ci sono Simeone, Barak e Caprari. Loro con Casale e Tameze sono l’argenteria di casa Setti. Ma il presidente ha voluto proseguire sui singoli. «Avevo visto giocare Montipò e non pensavo fosse così. Ma abbiamo avuto una fortuna: il nostro preparatore l’aveva avuto e quando ci è stato proposto l’abbiamo preso subito. Viene da un infortunio al ginocchio, ha fatto 4 mesi di grande riabilitazione, è stato bravo. Non ha ancora dimostrato quanto vale, è molto giovane e può diventare molto molto forte. Può ambire alla Nazionale».

 

Capienza stadi

«Non voglio entrare nel merito delle decisioni del Cts che ha competenze maggiori» ha proseguito il numero uno di via Olanda, «ma spero che dopo la sosta per le nazionali si possa davvero tornare al 100% della capienza degli stadi per due motivi: perché il calcio è spettacolo per i tifosi e perché anche noi abbiamo bisogno di aiuto economico. Finora non ci è stato concesso nulla, se non dilazioni e questo è veramente un grandissimo problema. Con il limite dei 5.000 spettatori per due giornate la Lega Serie A ha fatto un gesto pubblico per far capire che siamo d’accordo sull’importante della salute - ha proseguito Setti - Ma io sono molto pragmatico e devo dire quello che penso come ho già fatto in Lega: noi usiamo protocolli particolari e siamo controllati in un modo impossibile, come nessun altro sport. Siamo molto sicuri che i giocatori non possano avere grandi problemi. E altrettanto va detto per lo stadio, un luogo all’aperto dove entra solo chi ha determinate condizioni: ci dicono che il problema resta la curva, dove i tifosi si avvicinano, ma in Premier League da sei mesi gli stadi sono pieni senza mascherine».

 

Il mondo dello spettacolo

Maurizio Setti ha puntato l’indice sul cinema. Secondo l’imprenditore tessile emiliano, c’è stata finora una sperequazione. «I ristori del cinema sono stati miliardi come ci ha raccontato De Laurentiis, mentre noi non abbiamo avuto nulla eppure siamo un’industria: il Verona, tra diretto e indiretto, dà da mangiare a 2.000 persone. Rendiamoci conto di cosa sia il calcio dietro le quinte della partita della domenica. La nostra è un’industria e va trattata come le altre, ci serve una mano».

 

Un’azienda come altre

Il Pilota di Manila si è lasciato andare anche ad un approfondimento. «Il calcio dei ricchi scemi è finito - ha proseguito - La nostra è un’industria che deve sostenersi da sola, ma servono regole precise perché stiamo vivendo un momento di grave crisi economica: per la pandemia, per l’assenza del pubblico e delle infrastrutture, per la mancanza del sostegno dal betting. Così non è possibile andare avanti e purtroppo, se devo essere sincero, vedo ancora tanta gente nel Governo che pensa che possiamo arrangiarci da soli. Non percepisco la voglia di darci una mano a mettere a posto il sistema, anche con regole ferree. Così non è possibile andare avanti».

Gianluca Tavellin

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