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L'intervista

Pazzini fa le carte all’Hellas: «Partire bene cambia tutto»

Giampaolo Pazzini
Giampaolo Pazzini
Giampaolo Pazzini
Giampaolo Pazzini

È stato tra i giocatori del Verona più amati, almeno dal dopo scudetto in poi. Ha segnato, ha sofferto, ha fatto discutere(gli altri) ed è stato un esempio per tutti. Oggi Giampaolo Pazzini compie trentasette anni (è nato a Pescia il 2 agosto del 2021) ma soprattutto fa un bilancio del suo primo anno senza calcio giocato. «Grazie per gli auguri» esordisce con la consueta educazione e pacatezza il Pazzo. Un anno fa l’addio «Sì, è vero» racconta, «esattamente un anno fa terminavo con qualche minuto a Marassi col Genoa, anche se la mia vera gara d’addio era stata con la Spal».

Qui Pazzini, si scioglie. «Non sapevo nulla» ci svela. «Non immaginavo che in tempo di Covid si potesse. Eppure quando uscì dallo stadio, tutti i ragazzi della curva Sud con quello striscione. Ho ancora i brividi. Mi dispiacque ma l’anti doping, mi costrinse a farli attendere. Ecco in quell’abbraccio c’è tutto quello che mi hanno dato in cinque anni i veronesi. Un popolo unico». Olimpiadi e basket Pazzini, ieri, nella prima calda domenica di agosto aveva gli occhi brilli per Tamberi e Jacobs. «Due giganti. Fino alle loro gare» ammette, «avevo visto poco dei Giochi. Certo il nuoto con Federica Pellegrini, unica, poi la pallacanestro. A me piace molto il basket. Mi auguro che la squadra di Sacchetti continui ad andare avanti». Gli azzurri Qualche telefonata bella l’ha fatta anche in chiave calcistica. «Certo, con Chiellini e De Rossi abbiamo giocato insieme nelle varie nazionali. Hanno fatto qualcosa di straordinario. Se ci credevo? Sì, pensavo arrivassero in finale. Anche se per vincere un Campionato Europeo servono pure gli episodi favorevoli. La Spagna a me è piaciuta molto. Pedri e Olmo avranno un grande avvenire» Viva il centravanti L’Italia, forse per la prima volta nella storia, ha vinto senza o quasi, le reti di un bomber. Immobile si è fermato a due gol nel girone. «Credo abbiate ragione» ammette Pazzini, «nelle rivoluzioni qualcosa si deve pagare sempre. Adoro Pep Guardiola ma il suo falso nove ha danneggiato la categoria. Giocare con il centravanti di ruolo è un’altra cosa. È l’essenza del calcio. Il Milan non ci rinuncia dopo Ibra ecco Giroud, tanto per dire». A proposito di goleador, Luca Toni? «Un fratello, in pratica. Ci vediamo e ci sentiamo spesso. Ha portato bene in tv all’Italia». Il Pazzo che fa oggi? «Ho tanto tempo libero e francamente non mi vedo senza calcio» dichiara l’ex capitano gialloblù, «Ho studiato da diesse e ora da allenatore. Poi deciderò cosa fare in base anche alle proposte. Non c’è fretta. Intanto studio e mi aggiorno». Il Verona Giampaolo Pazzini è ancora dentro l’Hellas. «No, non proprio» ride, «sono sempre in contatto con lo staff sanitario, i ragazzi e alcuni giocatori come Veloso, Faraoni o il piccolo (ride ndr) Zaccagni. Sento il diesse, Tony D’Amico. Parliamo di calcio. Hanno venduto ma sono convinto che completeranno la squadra, nel migliore dei modi». E capitan Pazzini, proprio di Mattia Zaccagni è sempre stato il punto di riferimento. «È un ottimo giocatore. Un ragazzo educato con tanti valori. Si è fatto uomo ed è la cosa più importante e poi è un talento della nostra serie A. Forse si è parlato troppo di lui e questo ha nuociuto in fase di mercato. Un bandiera dell’Hellas? Ha tutto per diventarlo e forse lo è già». L’allenatore Sul cambio in panchina, il Pazzo alza le mani. «Mister Di Francesco non lo conosco» esordisce l’ex punta toscana, «viene da due stagioni travagliate, via facciamo da una e mezza. Però non vuol dire. Sa come far giocare bene una squadra e la semifinale di Champions con la Roma e lì a dimostrarlo. Per l’Hellas l’unica cosa importante sarà partire forte. Con i risultati immediati arriva tanta fiducia. È successo così con Juric e si è visto. Poi la squadra ha mantenuto la stessa ossatura con gente come Lazovic, Fara e Veloso. Sono fiducioso». Pazzini c’è, lo si percepisce. La sua passione per il calcio rimane intatta. Presto potremmo rivederlo in pista. Lui è fatto così. A Verona non lo dimenticheranno mai. «Con mia moglie Silvia, siamo stati indecisi sino all’ultimo. Verona è magnifica e le persone ci hanno voluto bene. Se festeggio? Certo ma in casa con la mia famiglia, parenti e qualche amico. Tutto qui». A trentasette anni potevi...: «No, dai non ditemelo. Era giusto smettere. Comunque a Verona ci passo. E come si fa a non venirci?».•.

Gianluca Tavellin

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