Torniamo sempre da loro. Perchè sono specchio del Verona che cambia. E quindi, eccoci a riproporre a distanza di qualche mese il confronto tra “gardien de but“. Uno dei guerrieri di Ivan Juric contro la montagna piemontese. Storie di portieri. Storia di Marco Silvestri, l’ex di giornata e di Lorenzo Montipò, titolarissimo in questo Verona che cerca certezze. E che nel guardiano gialloblù ha trovato, da tempo, faro nella tempesta. L’Hellas sta al centro di queste due vite.
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Il ritorno a Verona di Silvestri
Silvestri ha trovato qui da noi piena maturità. I suoi trascorsi dall’accento inglese (al Leeds) gli avevano permesso di perfezionare le tante lingue del calcio, in attesa di affrontare, di ritorno dalla Premier, l’ultimo esame di italiano. Superato a pieni voti quando Marco ha trovato a Verona la sua dimensione e la sua estasi. Momenti toccanti, parate decisive. Quindi, la meritata consacrazione nella stagione (2018-2019) del ritorno in serie A.
Guida Grosso, ma è sempre viaggio con tornanti. Poi, però, arriva Aglietti per il rush finale. E ci si scopre a sfilare sui Campi Elisi. Da lì in avanti Silvestri trova il suo definitivo punto di equilibrio. Para rigori usando intuito ancestrale, dimostra di essere portiere mai classificabile. Stile perfezionabile, buona intesa con il reparto. Coraggio da samurai lanciato con una katana contro mitragliatrici nemiche. Diventa uno degli uomini chiave dell’Hellas di Ivan il Terribile. Poco prima, nell’anno della promozione in A (quella del 3-0 sul Cittadella) riceve il premio come miglior giocatore della stagione dei gialloblù. Sembra pronto al decollo definitivo.
Per Silvestri si parla di Inter (vice Handanovic) e di Lazio. Ma alla fine, arriva l’Udinese. Non certo un salto nel buio. Un viaggio nuovo. Di conferme e nuove consacrazioni. Oggi Marco torna a Verona per difendere il sogno del popolo furlan. A Udine hanno fatto partire botti e mortaretti. E a veder giocare i ragazzi di Mago Sottil c’è da stropicciarsi gli occhi. Da copertina.
Montipò da copertina
Montipò è, invece, faccia dipinta d’orgoglio del Verona. Scolpita in una pietra che attende solo di essere levigata dal tempo. Ci ha messo una pezza con i suoi guantoni. Anche troppo a dire il vero. Caccia aperta alla porta dell’Hellas. Bucherellata già tredici volte in stagione. Mai una partita conclusa senza “fori“. Ma i demeriti non sono certo di Montipò, semmai di un reparto che ancora non ha trovato la sua solidità.
Montipò è alla sua seconda stagione veronese. Pure di lui, nella diaspora estiva, si era parlato. Ma senza particolare convinzione. Pareva poteva esserci la Lazio. Pareva. Ma, la verità ha raccontato ben altro. E Montipò resta tra pali e traversa. Un po’ più in qua, un po’ più in là. Costretto, troppo spesso, a ricorrere a miracoli e giocate spettacolari per tenere a galla il resto della truppa. A rincorrere se stessi.
Come deve fare oggi il Verona di Cioffi, ancora in rodaggio. In ascesa. Storia diversa per Silvestri. Che galleggia su numeri favolosi. Sette giocate, cinque vinte, una persa (contro i campioni d’Italia) una pareggiata e sette reti al passivo. La provincia che incanta, oggi, sta un po’ più a nord est rispetto a Verona. E contro questo Udinese, a tratti, pare di non potersela giocare ad armi pari. La storia della sfida tra Verona e Udine ha raccontato spesso di intrecci tra portieri. E a poco tempo dalla scomparsa del leggendario Garellik, viene ancora da sospirare per la prematura dipartita di Claudio Garella. Uno scudetto con l’Hellas, due stagioni sul finir di carriera proprio a Udine. Ma questa è decisamente tutta un’altra storia. Che a raccontarla, vien ancora da piangere.