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Il coraggio di essere Juric. Hellas regina tra le «piccole»

Ivan Juric ha raccolto quattro vittorie, tre pari e due sconfitte nelle prime nove giornate di stagioneMarco Davide Faraoni
Ivan Juric ha raccolto quattro vittorie, tre pari e due sconfitte nelle prime nove giornate di stagioneMarco Davide Faraoni
Ivan Juric ha raccolto quattro vittorie, tre pari e due sconfitte nelle prime nove giornate di stagioneMarco Davide Faraoni
Ivan Juric ha raccolto quattro vittorie, tre pari e due sconfitte nelle prime nove giornate di stagioneMarco Davide Faraoni

Un capolavoro è per sempre. Anche se il tempo, col suo incedere, arriverà a corromperne la magia. La vittoria di Bergamo ha confermato che la tattica visionaria di Ivan Juric è destinata a diventare un credo. Molto, però, dipenderà dai discepoli e dai sacerdoti dell’Hellas. Juric non è più l’allievo che segue il maestro. Il suo viaggio è andato oltre. La sperimentazione - e le sicurezze acquisite sul campo - gli permettono di disporre a piacere degli uomini al suo servizio. Pronti a morire - sul campo - per Ivan. Non invasati, sia inteso. Ma coinvolti. Ricostruiti sul piano mentale. E preparati, quasi tutti, per questo nuovo esperimento allargato che si chiama Hellas. Juric - il passato presenta esempi degni di nota - il capolavoro lo ha realizzato nelle scelte multiple a gara in corsa. Mai scontate. Come Danzi terzino al posto di Lovato. Utile per un quarto d’ora, certo, con impatto non proprio felice da parte del centrocampista. A significare, però, come l’elasticità mentale acquisita dal gruppo rappresenti punto fermo del mondo Hellas. Il Tameze terzino, il Dimarco oscillante tra difesa e attacco, il Faraoni caracollante tra reparto di retroguardia e avanguardia scaligera, hanno mandato in confusione anche la Dea. Come quel pugile che, a forza di piazzare fiammate di rabbia e agitar gambe smorfiose, poi perde contatto con la figura del nemico. Non la trova più, mena pugni all’aria e finisce ko. Colpito con due montanti letali. Il Verona non è più un’idea, ma un dogma. E quando Juric parla di salvezza - e non di Europa - lancia un messaggio a reti unificate: l’Hellas oggi è regina tra le provinciali. Lo dice la classifica, lo dice anche il gioco espresso, pure l’arroganza (passate il termine) tattica proposta dai gialloblù. Il Sassuolo che oggi sta davanti e l’Atalanta, che da sabato sta dietro, non possono rappresentare più modello comparativo per il Verona. Juric non mette le mani avanti. Preferisce, semplicemente, non fare salti nel buio. Perchè la sua filosofia esplorativa deve passare attraverso ancora sperimentazioni mentali che potrebbero far guadagnare punti o far perdere terreno. Juric viaggia sul filo del rasoio. Sicuro dei suoi uomini e delle sue idee. «Il capolavoro l’hanno fatto loro». Si è subito scansato il tecnico nel ricevere meritati applausi nel dopo gara. E consegnando la vetrina al gruppo squadra gialloblù. Juric oggi è amato dalla piazza perchè ha dato un’identità al Verona. Non conta vincerla o perderla. Conta come la giochi. E nelle vene, Ivan, ha sangue scaligero. Bollente. L’Hellas è una minaccia per tutti. Se la gioca con tutti. Diverte, sorprende. Adesso è finita pure in una posizione di classifica da far venire l’acquolina. Ma quel che conta è l’anima Hellas, il soffio vitale che Juric ha saputo dare alla sua squadra. Per questo, comunque vada, questo è l’Hellas giusto per chi ha a cuore i principi dei padri fondatori del Verona. E poi, permettete: ascoltare Juric dal vivo al Gewiss è pura poesia. Una voce senza soste. Una carica inesauribile. L’accompagnamento quasi sciamanico nel corso della gara. E a chiudere la riflessione, prendiamo in prestito una strofa dalla canzone “Vent’anni“, estratta dal nuovo singolo dei Maneskin, giovanissimo gruppo pop rock romano. Calza a pennello per Juric: «E andare un passo più avanti, essere sempre vero. Spiegare cos'è il colore a chi vede bianco e nero». Rock loro, rock Ivan. Che non ha mai preteso di essere capito. Fino in fondo. •

Simone Antolini

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