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dopo il ko, la partita della vita

Hellas, è già finita la magia? «Vietato sbagliare al Picco»

Ancora lo Spezia dentro ad un momento decisivo di un capitolo del romanzo gialloblù. Manca maledettamente Djuric. L’ultimo Ngonge è apparso opaco. Faraoni: «Se andiamo così leggeri sui campi non si vince mai»
Delusione dei gialloblù dopo il ko con la Viola
Delusione dei gialloblù dopo il ko con la Viola
Delusione dei gialloblù dopo il ko con la Viola
Delusione dei gialloblù dopo il ko con la Viola

Fin troppo facile giocare con le parole: vietato colare a Picco. Meglio sarebbe dire: vietato colare...al Picco, facendo riferimento al catino ribollente delle aquile spezzine. Da lì, domenica, devono passare le (residue?) speranze salvezza del Verona. 

Da lì, nel 2007, era passato l’Hellas appannato di Ventura. Battuto in Liguria, fermato al Bentegodi, retrocesso tra le lacrime nella terza serie del calcio italiano. Il destino muove. E pare voglia mettere ancora La Spezia al centro di un nuovo capitolo del romanzo gialloblù. All’andata finì malissimo. Verona battuto e distaccato di otto punto dagli spezzini. Cacciato nel baratro. Dal quale, al dire il vero, si è risollevato in questo felice (almeno fino a ieri sera) 2023.

C’è ancora lo Spezia, dunque, sulla strada salvezza del Verona. La situazione è semplice: se pareggi resti a meno tre, con tutti i giochi in ballo. Se vinci riprendi lo Spezia e viaggi con la dinamite addosso. Se perdi finisci a meno sei da loro. E qui, pensare che l’Hellas di Zaf e Bocchetti possa impegnarsi nel realizzare un altro mezzo miracolo comincia a farsi molto dura. Non impossibile, ma dura.

Finita la magia?

Poi c’è la realtà che fa pensare: finita già la magia? Il Verona è tornato ad essere ballerino dietro. Più fragile nella gestione delle energie nervose durante la gara, spesso appannato palla al piede, senza profondità. Spuntato, purtroppo. Djuric manca tantissimo a questa squadra che in Milan aveva trovato un punto di riferimento.

 

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Lasagna litiga da inizio stagione con il gol. Ha sulla testa la palla della redenzione. Ma anche stavolta fa cilecca. L’attacco alla profondità non basta più. Servono reti, che mancano.

Lo straordinario exploit di Ngonge ha bisogno di conferme. Ma l’Italia “ti impara“ in fretta. Ora lo raddoppiano, gli accorciano il campo, gli tolgono fantasia. Gaich, spalle alla porta, rende molto meno del già citato Djuric. Poi, domanda: perchè creare inizialmente un evidente “mismatch“ accoppiando il tenace (ma non rapidissimo) Dawidowicz al fringuello Ikonè? Perchè togliere Magnani a fine primo tempo che fin lì era stato il più solido tra i tre dietro?

Il generosissimo Faraoni, al rientro dopo lunga sosta, non ha potuto mettere (fisiologicamente comprensibile) tutta la sua gamba. Ma si sapeva preventivamente che il Verona avrebbe avuto bisogno di massima spinta dalle corsie. Tutto chiaro a partita finita, certo. Braaf e Zeefuik “a freddo“ difficilmente possono divorare il cuore della partita. E scaldarla e spaccarla.

Poi c’è la Viola. La Fiorentina ha scelto il cinismo. Ha danzato sugli errori dell’Hellas (il posizionamento di Hien sul gol di Cabral non è corretto) e si è presa tre punti di fiducia con secondo tempo contenitivo e quasi senza rischi.

Perdere fa male, perdere così fa malissimo. A fine gara Davide Faraoni ci ha raccontato che «non ci dobbiamo attaccare agli episodi (fa riferimento alla rete fallita da Lasagna ndr) altrimenti si rischia di non essere lucidi. Abbiamo fatto un primo tempo al di sotto delle nostre recenti prestazioni. Differenza forse di fame e di atteggiamento. Poi è sempre difficile. Ma questo è ko che non deve incrinare niente. Poi, se andiamo così leggeri sui campi non si vince mai. Restiamo sereni, senza tensioni. A La Spezia non possiamo sbagliare».

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Simone Antolini

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