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l'analisi

Hellas, devi crederci ancora: Genova è l’ultima occasione

Sei corner dopo solo venti minuti non sono bastati per andare in gol. Poi in vantaggio con Verdi, la squadra è stata incapace di difenderlo
L’ abbraccio consolatorio  di Adriano Galliani a Maurizio Setti (FotoExpress) e quello di Caprari a Veloso  a fine della partita pareggiata col Monza
L’ abbraccio consolatorio di Adriano Galliani a Maurizio Setti (FotoExpress) e quello di Caprari a Veloso a fine della partita pareggiata col Monza
L’ abbraccio consolatorio  di Adriano Galliani a Maurizio Setti (FotoExpress) e quello di Caprari a Veloso  a fine della partita pareggiata col Monza
L’ abbraccio consolatorio di Adriano Galliani a Maurizio Setti (FotoExpress) e quello di Caprari a Veloso a fine della partita pareggiata col Monza

Credere oltre la realtà. Dev’essere questo l’imperativo del Verona dopo il pari con il Monza. D’accordo con i se e con i ma si fa poca strada. Eppure se l’Inter avesse fatto l’Inter, lo Spezia ora sarebbe a due lunghezze, con ben altro morale per tutto l’ambiente gialloblù. Detto questo però, alcune cose sulla gara contro i brianzoli vanno rilevate.

Partenza sprint

Il Verona ha stretto il Monza nella propria metà campo. Tanto dinamismo e aggressione alta hanno portato a battere sei calci d’angolo nel giro di appena 25 minuti. Non si è mai creata una vera opportunità da gol. Non ho visto un blocco o un contro movimento ad inganno, che sia stato uno. Il Monza difendeva a uomo e nella palle inattive l’unica soluzione percorribile per liberare l’uomo al tiro, era bloccare il marcatore.

L’Hellas ha avuto un dispendio energetico non indifferente, pagato in un finale thrilling con Pessina, che ha sfiorato il gol della vittoria biancorossa. Una riserva di ossigeno dovuta ai tanti elementi in difficoltà. Faraoni fatica a trovare il passo gara ed è lontano parente del giocatore che con Juric sfiorò la nazionale. Lazovic può avere un passaggio a vuoto, Doig è in forte calo, mentre Magnani bravo a limitare Petagna, ha dovuto arrendersi ai postumi dell’influenza. Insomma tanti i giocatori di Zaffaroni e Bocchetti con vari problemi tra infortuni derivati da scontri di gioco o guai muscolari.

L’ abbraccio consolatorio  di Adriano Galliani a Maurizio Setti  FOTOEXPRESSE quello di Caprari a Veloso  a fine della partita pareggiata col Monza
L’ abbraccio consolatorio di Adriano Galliani a Maurizio Setti FOTOEXPRESSE quello di Caprari a Veloso a fine della partita pareggiata col Monza

La rincorsa

Guai che sono aumentati dal carico psicologico della posizione di classifica. L’Hellas nel 2023 viaggia sopra la media salvezza ma si stanno pagando le dieci sconfitte consecutive del 2022. Si è deciso tardi il taglio di Cioffi e si è pagato un naturale scotto con l’esordiente Bocchetti. Il buon Sasà si è trovato tra l’altro un gruppo con grosse lacune a livello atletico.

Verdi sì, Verdi no

L’ex del Toro ha disputato una grande gara, tra l’altro condita con una marcatura di classe. La sua discontinuità, anche per noie fisiche, è il suo tallone d’Achille, altrimenti sarebbe ancora in una rosa di una big. Ma Verdi a Verona, ha pagato pure la posizione.

Giocare cioè, in qualche circostanza, da solo dietro a due attaccanti. Lui non può assicurare la corsa in recupero di un Braaf o di un Ngonge. Sarebbe meglio metterlo in condizione di dovere solo offendere, visto che nella rosa gialloblù è l’elemento con il tasso tecnico più elevato.

Problema di uomini

In tanti nel Verona, anzi, tutti danno il massimo. È il caso di Pawel Dawidowicz, che tra l’altro è un veronese acquisito. Il polacco è sempre generoso. Come non ricordare i suoi minuti in campo a Venezia con il ginocchio rotto. Però il suo impegno spesso non è sufficiente. Ha strappato un sei in pagella ma fatalità la rete del pari brianzolo è nato là a destra. C’è da dire che non ha più il miglior Faraoni ma però qualcosa in più in fatto di attenzione Pawel doveva fare.

Gira e rigira è sempre un problema di individualità. Il Verona ha distrutto il suo reparto offensivo da 40 gol della passata stagione ma pure dietro, nonostante le tanti reti incassate pure con Tudor, non ha messo valide alternative. Hien e il non sempre decisivo Ceccherini possono non timbrare il cartellino. Ma i cambi devono essere all’altezza. Segnare dopo 380 minuti ma essere ripresi nel giro di 180 secondi, non è un bel segnale. Ora la testa è a Genova. La società si farà sentire e con lei, forse i tifosi. Sì, Marassi e la Samp sono l’ultima spiaggia.

Gianluca Tavellin

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