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È morto Dino Da Costa, gialloblù anni Sessanta Giocò con Garrincha

Dino Da Costa al Bentegodi nel gennaio del 1967 FOTOCENTODIECI
Dino Da Costa al Bentegodi nel gennaio del 1967 FOTOCENTODIECI
Dino Da Costa al Bentegodi nel gennaio del 1967 FOTOCENTODIECI
Dino Da Costa al Bentegodi nel gennaio del 1967 FOTOCENTODIECI

Era forse destino che Dino Da Costa, classe 1931 salutasse il mondo proprio quando Roma e Verona, tra le squadre da lui più amate, si sono messe a bisticciare per un calciatore straniero. Lui che giocò anche con la maglia dell’Italia. Dino Da Costa a metà Anni Cinquanta faceva impazzire Alberto Sordi, noto tifoso romanista e non solo lui. È stato uno dei calciatori brasiliani più amati, tanto da diventare un oriundo, in verità con poca fortuna, della nostra nazionale, visto che gli azzurri persero in Irlanda e non andarono al mondiale svedese del 1958. Il Verona, Dino, l’ha conosciuto tardi. A 35 anni suonati e in serie B. La foto lo ritrae proprio in un «giovane Bentegodi». Ma all’Hellas era rimasto legato. Lo ricordiamo fin maestro di tecnica ad inizio Anni Ottanta nelle giovanili, quando con i «Tango» usati della Prima Squadra insegnava ai piccoli gialloblù il dribbling e come calciare in porta. Lui che aveva giocato con Garrincha e Luis Vinicio, segnando gol a grappoli per il suo Botafogo. In Brasile “Dino“ era famoso. In Italia vinse la Coppa Italia più volte con Fiorentina e Roma. Detiene ancora oggi il record di reti segnate nei derby con la Lazio, ben 12. Totti si è fermato a 11. Di testa, in dribbling o con un calcio pulito dal limite dell’area, segnava sempre. Allenò le giovanili gialloblù dal 1980 al 1989 e poi si dedicò solo alla tecnica per i più piccoli. «Se ne va un grande del calcio del Dopoguerra», racconta Giancarlo Savoia, suo compagno di squadra nel Verona 1966/’67. «Dino era come tutti i brasiliani. Giocava al calcio prima di tutto per divertirsi. Le sue annate più belle le ha fatte alla Roma ma ha giocato pure alla Juve con Altafini e Del Sol. Segnava almeno 20 gol a stagione, arrivò qui a fine carriera e comunque si fece rispettare». La squadra gialloblù in quel campionato cambiò tre tecnici: Tognon, Pozzan e Liedholm. Gli ultimi due rimasero e l’anno successivo, portarono l’Hellas in A. «Dino era sempre allegro e molto distinto. Era rimasto a vivere qui a Verona in una casa vicina allo stadio», conclude Savoia, «era molto conosciuto».

G.TAV.

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