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Due anni fa nessuno lo voleva Adesso lo rimpiangono tutti

L’ammazzajuve  Pazzini trasforma il rigore del 2-1 alla Juve di un anno fa
L’ammazzajuve Pazzini trasforma il rigore del 2-1 alla Juve di un anno fa
L’ammazzajuve  Pazzini trasforma il rigore del 2-1 alla Juve di un anno fa
L’ammazzajuve Pazzini trasforma il rigore del 2-1 alla Juve di un anno fa

Non lo voleva nessuno, ora lo rimpiangono tutti. Si potrebbero riassumere così i due anni al Verona di Ivan Juric. Arrivato ad occupare una panchina che sembrava di diritto appartenere ad Aglietti, il Mago di Spalato ha proiettato l’Hellas in una dimensione nuova chiudendo per due volte il campionato nella parte sinistra della classifica. Addirittura nono al primo anno, quello che ha rivelato al grande pubblico lui, il suo gioco d’impronta gasperiniana e i gioielli scovati tra mercato e vivaio assieme all’inseparabile Tony D’Amico. Amrabat, Rrahmani e Kumbulla sono solo le prime plusvalenze regalate dal croato a Setti. Introiti da record. Un lavoro proseguito quest’anno ancor più sorprendentemente perché del primo Verona sono rimasti in pochi. «Abbiamo venduto tutto il vendibile», disse. Ma Juric, dopo aver sbuffato e chiarito davanti ai microfoni che così non si sarebbe andati da nessuna parte, ha tirato fuori il massimo anche da questo gruppo portando in nazionale Silvestri e Zaccagni. Saranno loro le prossime plusvalenze. Senza contare Barak, Tameze, Dimarco, Ilic, Lazovic, Faraoni, Gunter, Lovato e prima ancora Pessina, Verre, Dawidowicz, tutti visibilmente cresciuti grazie alla sua gestione. Bel calcio e imprese indimenticabili. La vittoria sulla Juve al Bentegodi, ultima partita casalinga col pubblico, resterà a lungo impressa nella memoria di tutti. Milan, Napoli, Lazio, Atalanta, tante le squadre che hanno subito l’onda gialloblù in questi due anni. «Abbiamo raggiunto risultati impensabili, ma qualcuno non l’ha capito», ammonì più volte il mister quando le aspettative crescevano. L’Europa è il rammarico più grande «perché se non ci fosse stato lo stop dovuto al Covid ce l’avremmo fatta», rivelò al termine della scorsa tribolatissima stagione. Poi la rivoluzione estiva, le sirene da Torino e Firenze, il rinnovo pluriennale con cifre mai viste qui a Verona e il sollievo dei tifosi. Ma Juric, che in ritiro si ritrovò con una manciata di giocatori appena, aveva già capito come sarebbe finita. «Se non si investe non si cresce», ha ripetuto come un mantra durante tutto il campionato. Anche quando, con una rosa ridotta all’osso da una serie di infortuni leggendaria, strappava punti su campi prestigiosi conquistando l’ennesima salvezza con mesi d’anticipo. Inimitabile la sua schiettezza, dal «Pazzini non è da serie A», alla «totale mancanza di rispetto» da parte di Setti reo di non averlo incontrato a salvezza acquisita. Celebri le sue sfuriate in difesa del Verona e del lavoro del suo staff. Fino all’ultimo dentro la sua creatura, difesa a spada tratta anche davanti ai network multimilionari ed agli opinionisti domenicali. Juric ha lasciato il segno e Verona s’è innamorata di Ivan. •.

Davide Cailotto

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