<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
L'intervista

Dawidowicz, l'uomo del popolo: «Ormai ho il cuore gialloblù»

Pawel Dawidowicz
Pawel Dawidowicz
Pawel Dawidowicz
Pawel Dawidowicz

Il sorriso tra gli applausi di un Bentegodi felice ma affranto. Perchè, molti resteranno. Ma tante potrebbero essere le partenze. Pawel Dawidowicz è tornato nel finale col Toro. L’immagine bella dentro una partita storta. Il polacco si era infortunato a Venezia, giornata riservata ad una rimonta epica (da 0-3 a 4-3) in laguna. Non si era sottratto ai suoi doveri. Andando oltre, giocando da infortunato. Poi il dolore, lo stop, la ripresa. E l’affetto dei tifosi, che non dimenticano. Perchè, certe cose proprio non si possono dimenticare. Pawel è acciaio. Un pezzo di argenteria di questo Verona che sa essere algido e caliente. Perche mette insieme uomini dell’Est e frombolieri del Sud America. Dawidowicz incarna l’uomo del popolo. Un po’ come è stato Ivan Juric. Un po’ come è oggi Igor Tudor.

Pawel, si è ritrovato in campo quasi sei mesi dopo l’infortunio con la fascia da capitano addosso. Di meglio non poteva sperare?
«Tutti i capitani erano usciti (ride ndr). Il bello è stato tornare. Ancora più bello sarebbe stato fare un gol e portare a casa un pareggio con il Torino nell’ultima partita al Bentegodi».
Il suo sacrificio, a Venezia, le ha permesso di entrare di diritto nel cuore dei tifosi gialloblù. Che non dimenticano
«Ringrazio per l’affetto. Volevo tornare. E volevo farlo in casa, davanti alla nostra gente. Volevo per me, volevo per loro».
Il passato è... passato o c’è ancora qualcosa da cancellare?
«Sono stati mesi un po’ brutti. Nei quali non stai bene con il fisico e con la testa. E la cosa non riguarda solo te, ma anche la famiglia e chi ti sta intorno. Ma adesso spero che tutto sia andato via».
E allora, via con il ricordo. Il più bello? I più belli?
«La vittoria contro la Juventus, ma anche il 4-1 contro la Lazio e il successo in casa contro la Roma. Le prime, le più belle, in casa con i nostri tifosi. Poi io sono finito fuori. E mi è dispiaciuto molto. Ma è passato tutto. E adesso siamo qui a godere di questo momento».
Tra i compagni, quello che rappresenta un esempio?
«Miguel Veloso. Anche a 50 anni avrà la vitalità di un ragazzino. Ricordo che un giorno in cui avevamo libero ci siamo trovati ad allenarci io e lui. Miguel è l’esempio da seguire. Sa fare proprio tutto e tiene insieme questa squadra».
Tudor?
«Stagione molto positiva. Soprattutto, siamo riusciti ad assimilare subito il suo pensiero di calcio. Vincere tre, quattro partite di fila e raccogliere punti ci ha permesso di trovare la nostra via. Poi, questo Verona ha giocato fino alla fine. Non lasciando mai niente di intentato. Partite sbagliate? Forse una. Per il resto: siamo arrivati “giusti“ a giocare le gare più importanti della nostra stagione».
E poi ci sono loro, i tifosi. Siamo alla fine di una stagione straordinaria. Messaggi?
«Loro sono un pezzo importante della nostra storia. E io ormai ho il cuore gialloblù, visto che sono qui da quattro anni». 

Simone Antolini

Suggerimenti