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La prima volta

D’Amico, l’oro del Verona: dalla B alla A con le stelle

La chiamata della Dea e l’addio commovente di Setti: «Se ne va un figlio»
Un’intensa immagine di Tony D’Amico che ha sempre vissuto la gara con grande trasporto FOTOEXPRESS
Un’intensa immagine di Tony D’Amico che ha sempre vissuto la gara con grande trasporto FOTOEXPRESS
Un’intensa immagine di Tony D’Amico che ha sempre vissuto la gara con grande trasporto FOTOEXPRESS
Un’intensa immagine di Tony D’Amico che ha sempre vissuto la gara con grande trasporto FOTOEXPRESS

Non sentirà prima della partita i suoi ex giocatori. Non parlerà con gli amici conosciuti a Verona e, forse, non andrà nemmeno nella sua casa in un angolo bello, ma nascosto del centro storico. Tony D’Amico è fatto così, prendere o lasciare. Vive di calcio 24 ore al giorno. A Peschiera, nello stanzino dell’area tecnica, sembrava di entrare in una fumeria d’oppio. Per carità solo bionde e neppure di contrabbando ma quante sigarette ogni dì. Al team manager Mazzola sono venuti i capelli grigi a forza di stargli accanto. L’ha affumicato ma non solo lui. Tony D’Amico ha contagiato col suo stress emotivo tutto l’ambiente. Lui è stato il motore del Verona degli ultimi quattro anni. Monarca? Sì. Illuminato? Anche, soprattutto dopo la gavetta spesa all’ombra di Filippo Fusco nelle due stagioni della salvezza della società.

Centrando la promozione a Cesena, il mister dello «Stiamo crescendo» e il diesse che portò Cassano, hanno dato quell’ossigeno necessario a Setti per ripartire. Altrimenti sarebbe stata notte fonda, come per il club romagnolo o per il piccolo Chievo. Fidatevi. Buon per Tony che a Maurizio piacciono le scommesse ed i giovani. D’Amico è di Pescara ma non ama le derive della sua gente. Onesto, come chi del resto sa ammettere che Verona dovrebbe avere, veronesi migliori. Grande lavoratore. Svelto con gli occhi e capace di intuire le potenzialità di un giocatore. Nei primi anni Setti l’ha aiutato con il suo fiuto da Casinò. «Dai tutto sul rosso» oppure, «punta sul nero». E da Liam Henderson, arrivare a Adrien Tameze è stato un gioco da ragazzi. In mezzo tra lo scozzesino e il francese, tante puntate vincenti sul panno verde. Tony ha carattere e non si fa influenzare.

Se un amico è bravo, lo ingaggia. È andata così con Fabio Grosso. Peccato che il mister, abbia deluso pure lui. Mancanza di comunicabilità. Un po’ come sarebbe avvenuto con Eusebio Di Francesco. Mancanza di adattabilità. Un difetto enorme. Torniamo al primo anno da responsabile tecnico. D’Amico allestisce una buona rosa. La squadra gioca ma si accartoccia su sè stessa come Samuel Di Carmine del resto. Serve serenità. In A con Aglietti che sblocca l’attaccante e non solo. Determinanti Faraoni, Vitale, Laribi e Gustafson. Tutta gente sua. Un paio di mesi prima della promozione in serie A, D’Amico salì su un bus di tifosi dopo la scialba prova di Carpi: sbagliò, pur dimostrando personalità. I veronesi vogliono i fatti e quelli sarebbero arrivati, eccome.

La serie A, il Covid e Peschiera blindata. «Gli altri fan così», «Il protocollo» e «Non abbiamo un bagno per disabili». Tutte scuse o quasi per rimanere sotto traccia. Se vedeva un calciatore con un’auto nuova e fiammante, soffriva. Umili, cattivi e concentrati. La verità era che Tony e i suoi folli allenatori (credeteci solo apparentemente Tudor più calmo di Juric) l’avevano un po’ contagiato ma molta era farina del suo sacco. Se Veloso e Gunter hanno seguito il vulcanico Ivan, la stessa cosa non si può dire per Lazovic, Amrabat, Rrahmani, Verre, Lovato e Dimarco. Sono stati il Mago di Spalato e il giovane diesse a far credere al giovane Kumbulla di poter fare il titolare in serie A. Tony ha ingaggiato per primo Bocchetti con un triennale. L’ex nazionale era sul viale del tramonto ma per far salire le azioni del suo neo promosso Verona al borsino degli agenti, D’Amico si inventò pure questa. Come andò quel primo torneo in A? Squadra rivelazione con 49 punti e nona assoluta ma soprattutto 58 milioni di plusvalenze per le cessioni di Kumbulla, Amrabat e Rrahmani.

L’anno successivo, l’attuale diesse dell’Atalanta, portò in gialloblù un giovane regista: Ivan Ilic, classe 2001. Dopo un anno lo riscattò dal City per 7,5 milioni di euro. Nei giorni scorsi il Verona avrebbe rifiutato 12 milioni di euro dalla Lazio che ancora oggi punta il serbo. A Bologna, lui e Tameze (acquistato per 3,5 milioni di euro dal Nizza) tra i migliori a Bologna. E poi Barak, che presto frutterà all’Hellas una plusvalenza di 6 milioni di euro. E Cancellieri? Giunto dalla Roma nell’affare Kumbulla e ceduto alla Lazio per 7 milioni di euro più bonus. L’ultima stagione è stata la più esaltante. Bastano due nomi: Gianluca Caprari e Giovanni Simeone. Quest’ultimo è stato soffiato ad una nutrita concorrenza.

D’Amico lo inseguiva dal primo anno di serie A. Un piccolo affare (3 milioni di plusvalenza)ma soprattutto spettacolo e gol. Caprari era retrocesso col Benevento. Tony ci ha creduto. Dodici reti e guadagno netto per il club di 6 milioni. E poi sotto la sua gestione sono arrivati tanti bravi calciatori. Borini, Dimarco, Pessina, Lasagna, Kalinic e Ceccherini. La bravura di Tony, figlia della sua discreta dose di umiltà, è stata quella di avere collaboratori importanti. Primo fra tutti Massimo Margiotta. L’attuale responsabile del settore giovanile gialloblù, ha partecipato ad operazioni di livello e fornito almeno un giovane big a stagione. Kumbulla e Casale ieri, Coppola e Terracciano oggi. I flop Come ogni diesse che si rispetti ci sono pure le ciambelle senza buco. Benassi e Frabotta sono i «piaceri» in un mondo molto difficile come quello del calcio attuale.

D’altronde perfino il bravo Giovanni Sartori prese Stefano Bettarini al Chievo per farne l’uomo immagine. Poi ci sono stati i vari Stepinski, Badu, quanta sfortuna ha avuto però l’ex Udinese, Ruegg e Cetin.Tra i tanti lanciati, uno in particolare deve ringraziare Tony D’Amico e Ivan Juric. Si tratta di Matteo Pessina. Il centrocampista dopo la straordinaria annata in gialloblù (7 reti) fu convocato al posto dell’infortunato Sensi e divenne campione d’Europa. Insomma Tony D’Amico avrà sicuramente uno stato d’animo indescrivibile quando varcherà i cancelli del Bentegodi. «Se n’è andato un figlio» ha dichiarato Maurizio Setti. Il pregiudizio Solitamente è un giudizio errato o superficiale. Francamente ci sembra quello formulato per il predecessore di D’Amico. Francesco Marroccu ha potuto solo ratificare quello che agenti e calciatori avevano già deciso. Cercate di essere positivi e guardate a Thomas Henry come ad un grande colpo. Costato meno di 4 milioni di euro, cifra reale e già a quota due gol.

Gianluca Tavellin

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