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«Guarda la Ferrari, quello è Cabianca» Poi, la tragedia...

L'INCIDENTE. Accadde il 15 giugno del '61, sulla pista di Modena. Solo per una drammatica coincidenza alcuni tifosi ebbero accesso all'autodromo. E proprio in quel punto, per un guasto, uscì la vettura: quattro morti!
La Ferrari 196S che Giulio Cabianca conduce alla vittoria a Monza nel 1959
La Ferrari 196S che Giulio Cabianca conduce alla vittoria a Monza nel 1959
La Ferrari 196S che Giulio Cabianca conduce alla vittoria a Monza nel 1959
La Ferrari 196S che Giulio Cabianca conduce alla vittoria a Monza nel 1959

Mezzo secolo fa, la sera di giovedì 15 giugno 1961, all'autodromo di Modena, si spegneva la stella di Giulio Cabianca, il pilota più vittorioso nella storia dell'automobilismo scaligero. Non fu solo tragedia sportiva ma anche sociale perché la sua Cooper-Ferrari 3000 cc uscì per un guasto al cambio dall'autodromo emiliano e piombò sulla via Emilia provocando la morte di tre persone. Era una monoposto molto simile alla Formula 1 con la quale Cabianca avrebbe dovuto prendere parte al campionato Intercontinentale, presenti i migliori assi dell'epoca, fra i quali Stirling Moss, Jack Brabham, John Surtees, Bruce McLaren e tanti altri. Il rettilineo dell'autodromo finiva perpendicolarmente sulla via Emilia. A separarli, un muro e un grosso cancello. Ma quel giorno, giovedì 15 giugno 1961, un'impresa edile che gestiva i lavori all'interno della pista usava un camion che faceva avanti e indietro dal cancello. Per otto volte, passato il grosso veicolo, il custode lo aveva diligentemente richiuso.
Ma verso sera una folla di passanti era stata richiamata dall'urlo lacerante del bolide e aveva pregato il guardiano di lasciare aperto quel passaggio, per veder meglio lo stile del grande campione veronese. Alle 18.25, dopo trenta passaggi in vista della gara di Silverstone, Cabianca aveva deciso di fermarsi. Mancava un ultimo giro. Quello fatale. Poco prima della curva di 90 gradi a sinistra, dove il cancello era stato lasciato spalancato, cedette un bullone del cambio. Il pilota non potè scalare marcia perchè il bolide restò in folle -gli ingranaggi bloccati- e l'unica via di salvezza fu infilare istintivamente quel pertugio aperto. Che dava sulla via Emilia. La Cooper-Ferrari si abbattè su una Fiat Giardinetta, una bicicletta e un ciclomotore, provocando la morte sul colpo di tre passanti. Alle 22 morì anche il grande campione, nell'ospedale di Modena. L'inchiesta giudiziaria durò molti anni. E a settembre un libro ne rievocherà ogni dettaglio, anche quelli fino ad oggi sconosciuti, con documenti inediti affiorati dopo una lunga e laboriosa ricerca compiuta all'Archivio di Stato e alla Procura di Modena.
Giulio Cabianca, nato nel 1923 aveva iniziato a correre alla fine degli anni Quaranta. Vicino a lui sedevano spesso il fratello più giovane Cesare e Tino Guidotti, grande sportivo e futuro concessionario d'automobili, più tardi anche presidente del Verona che poi vinse lo scudetto. Per Cabianca le prime vittorie arrivano nel 1948, al Circuito di Ferrara e di Senigallia, su Osca. Ma quattro anni dopo sfiora l'Olimpo. Il 29 Giugno 1952, alla Targa Florio, con la fedele Osca, non solo riesce a segnare il miglior tempo, ma conduce la corsa davanti alla Lancia che schiera i migliori stradisti italiani. Poi, all'ultimo giro, la rottura di un semiasse priva il fuoriclasse scaligero della vittoria. Bonetto su Aurelia capisce che è fatta e lo supera con un saluto fra l'ironico e il cavalleresco. La sua gioia dura poco perché alla curva successiva anche lui si ferma: è finito il carburante. E Cabianca, invece di gioire, lo aiuta. Infila un tubicino nel serbatoio della sua macchina e ne estrae una latta di benzina che porta all'avversario. Che vince. Gesto nobile e raro. A Verona, negli anni di Cabianca, furono due i teatri di queste coraggiose imprese: la Salita delle Torricelle e la Stallavena-Bosco che domenica tornerà con un'edizione rievocativa della quale parliamo in questa pagina. Cabianca vinse a man bassa sia l'una che l'altra. Alla Targa Florio del 1952 fu a un passo dall'assoluto. Nel 1959 portò per primo alla vittoria la Dino 196S, a Monza. L'anno dopo fu quarto al Gran premio d'Italia di F.1 su Cooper-Ferrari. Trionfò alla Coppa d'Oro delle Dolomiti, alla Trieste Opicina, alla Bologna-Raticosa, alla Trento-Bondone, al Giro dell'Umbria, al Circuito di Caserta, a L'Aquila e in molte altre ancora, imponendosi con vittorie di classe alla Mille Miglia. Gare dove le strade di tutti i giorni diventavano vere e proprie piste, con cunette, dossi, buche. Il tutto tra case, marciapiedi, pali, alberi: un autentico campionario di insidie che oggi renderebbero inconcepibile una corsa in quelle condizioni. Le protezioni erano ironiche, pannelli di legno e balle di paglia. Correva così, Giulio Cabianca.

Danilo Castellarin

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