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Giacomo Fantoni

Emozioni a cinque cerchi Così Fantoni: «Partecipare alle Olimpiadi è come vivere in un altro pianeta»
Emozioni a cinque cerchi Così Fantoni: «Partecipare alle Olimpiadi è come vivere in un altro pianeta»
Emozioni a cinque cerchi Così Fantoni: «Partecipare alle Olimpiadi è come vivere in un altro pianeta»
Emozioni a cinque cerchi Così Fantoni: «Partecipare alle Olimpiadi è come vivere in un altro pianeta»

Aveva decidere di chiudere dopo Tokyo 2021, ha cambiato idea, andrà avanti sino a Parigi 2024. Giacomo Fantoni è stato il solo italiano presente all’ultima Olimpiade nel bmx (così come Manuel De Vecchi lo era stato nel 2012 e 2016), prevista ultima tappa di un cammino «Ho cominciato sin da ragazzino, a sei anni, da quando mamma Linda Spiazzi, che faceva downhill, mi aveva portato alla pista di Montorio ed ero rimasto subito affascinato da questo sport». Diventando presto il naturale erede di De Vecchi. «L’Olimpiade nel cuore? Un pensiero ad esserci l’avevo fatto già per Londra 2012 ma ero molto giovane e non ero pronto», spiega. «Ho creduto di poterci essere a Rio 2016 ma mi ero fatto male l’anno prima e non è stato possibile». Era pronto per Tokyo 2020. «Sì, perché quando hai un’occasione così non ti tiri indietro, ma poi c’è stato il rinvio di un anno ed è stato meglio per affinare le armi e prendere le misure ad una pista, quella di Tokyo, più lunga rispetto al nostro standard». In Giappone com’era lo stato di forma? «Ottimale, grazie al lavoro svolto con la mia... squadra. Col preparatore Francesco Gargaglia, la psicologa Ornella Cosenza, il dietologo Iader Fabbro e Flavio De Giorgio, che allena la nostro oro olimpica Sofia Goggia e lavora qui alla Bassona. Ero preparato anche sotto l’aspetto psicologico». Era stata così dura qualificarsi? «In realtà ce l’avevamo fatta col botto, visto che sono stato il primo italiano nella storia del bmx a vincere due finali di Coppa del mondo in Colombia». Il risultato di Tokyo 2021, però, non la soddisfa. «Come piazzamento no perché non vado all’Olimpiade per partecipare ma per conquistare una medaglia. Come prestazione, invece, sì». Spieghi meglio. «Mi sarebbe piaciuto fare di più, ovvio, ma sono stato penalizzato dall’essere entrato nella batteria peggiore, contro lo svizzero Graf, vincitore della Coppa del mondo in maggio, l’equadoriano Alfredo Campo, quinto, il colombiano Ramirez, bronzo a Rio e Tokyo, l’australiano Anthony Dean, che a Rio sembrava dovesse vincere tutto. Me la sono giocata, ero dentro nei quattro, poi Campo ha fatto il giro della vita e io e Dean siamo rimasti fuori. Ma da molti la mia è stata giudicata una buona performance in una grande gara». Rimane la gioia di esserci stato. «L’Olimpiade è qualcosa senza uguali, come vivere in un altro pianeta». Aveva deciso di smettere, poi ci ha ripensato: perché? «Già nel 2019 Cordiano Dagnoni mi aveva detto che si sarebbe candidato alla presidenza federale e mi aveva chiesto di diventare il commissario tecnico della Nazionale. Ho risposto: “sì, molto volentieri”. Già da una decina di anni ho avviato la mia carriera di allenatore, pur continuando a gareggiare». Invece? «Invece quando è arrivato il momento di tirare i fili, e dopo che avevo presentato un mio progetto che era stato ritenuto molto valido, hanno deciso di confermare Tommaso Lupi». E lei è tornato sui suoi passi. «Quanto accaduto mi ha fatto riflettere e, visto che di punto in bianco mi sono trovato senza un avvenire, mi sono messo come obiettivo di arrivare a Parigi 2024». A 33 anni magari sarà un... vecchiotto per la bmx. «Per la disciplina sì, ma riscontro che ogni anno divento sempre più forte. E allora perché no?». Verona, insomma, potrebbe essere presente ancora all’Olimpiade. «Il movimento del bmx si sta ingrandendo sempre di più ma Verona rimane di primo livello. Avere qui una pista olimpica è importantissimo e dobbiamo ringraziare chi ce ha concessa, a cominciare dal Comune. Non si può preparare bene un’Olimpiade senza impianti adeguati». Quando cominceranno le qualificazioni per Parigi 2024? «Già a maggio. A dicembre dovrò operarmi ad un legamento rotto ma rientrerò in tempo per le prime prove di Coppa del mondo, quelle che danno più punti». Avrà avversari in… casa? «Per fortuna abbiamo giovani che stanno crescendo. Dovranno farsi le ossa in Coppa del mondo per essere competitivi con me. Penso a Leonardo Cantiero che passa tra gli Under 23 ed a Pietro Bertagnoli, che ha vino due volte in Coppa del mondo in Turchia e sarà al primo anno da élite. Io alleno Cantiero e ho allenato Bertagnoli, poi lui ha cambiato». Per andare a Parigi, insomma, dovrà battere i suoi allievi. «Diciamo che saranno loro a dover battere me. Un obiettivo è portare almeno due atleti a Parigi, tre è difficile perché Francia e Svizzera sono molto forti. Posso dire che se Cantiero e Bertagnoli meriteranno di andare, io gli lascerò il posto volentieri. La mia Olimpiade l’ho già fatta». •.

Renzo Puliero

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