<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
None

E Anquilletti torna sul maledetto 5-3 «Sto ancora male»

L'INCONTRO. Una partita infinita, Verona-Milan del 20 maggio '73
«Non successe niente di strano. Eravamo cotti per la Coppa e non ci accordarono il posticipo... Oggi non succederebbe...». E Luisito Suarez lo prende in giro

 I protagonisti della serata di TeleArena. A sinistra, Bruno Prosdocimi come sempre al lavoroFOTOUDALI
I protagonisti della serata di TeleArena. A sinistra, Bruno Prosdocimi come sempre al lavoroFOTOUDALI

 I protagonisti della serata di TeleArena. A sinistra, Bruno Prosdocimi come sempre al lavoroFOTOUDALI
I protagonisti della serata di TeleArena. A sinistra, Bruno Prosdocimi come sempre al lavoroFOTOUDALI

Le partite non finiscono mai. "Certe partite, sono senza tempo" ha sussurrato Angelo Anquilletti. "Ogni volta che vengo a Verona, che parlo con amici veronesi, che qualcuno mi ricorda quel 5-3, ci sto male. E' una partita infinita...". L'altra sera, TeleArena, nel clima amichevole di "Palla lunga e pedalare". Lui, assieme a Lodetti, Luisito Suarez, il "giovane" Boranga. Lodetti gli ha subito dato una chiave di lettura diversa. "Avete perso perchè io non c'ero più. Ero alla Samp, mi avevano mandato via nell'estate del '70 e quando ne me andai dissi "vedrete, il Milan dovrà sudare per vincere la stella". Avevo ragione...". Anquilletti l'ha mandato a quel paese. "La verità è più semplice del previsto, non ci sono retroscena, non ci sono storie strane. Hanno detto che la sera prima eravamo a festeggiare fino a tardi, ne ho sentite di tutti i colori. Invece la verità è una sola. Eravamo stanchi morti, avevamo appena vinto la Coppa a Salonicco, contro il Leeds. Uno a zero, gol di Chiarugi, ma partita tutta in difesa, una fatica dell'altro mondo. La società aveva chiesto il rinvio, oggi lo concederebbero senza problemi. oggi giocano tutti i giorni, una volta non era così".
Morale della favola, Milan stracotto. "Mi ricordo che tornammo il giovedì, appena in tempo per cambiare le valigie, passare da casa e ripartire per Verona. In ritiro alle Palafitte, sul lago. In campo? Quando non ci sei con le gambe, c'è poco da fare. Sbagliammo un gol noi, subito, poi il Verona ci travolse. A ripensarci, dico che non è giusto. Ci bastava un giorno in più, avremmo vinto quel giorno lo scudetto della stella".
SUAREZ NON CI STA. Il grande Luisito, lo "becca" in fuorigioco. "Senti Angelo, perchè mai avrebbero dovuto darvi un giorno in più? Il campionato non sarebbe stato regolare, avrebbero dovuto giocare il giorno dopo anche la Juve e la Lazio che lottavano col Milan perr lo scudetto...". Impagabile Luisito, memoria lunga, come i suoi lanci perfetti a tranciare il campo. "Cosa dovrei dire io? Anche l'Inter perse uno scudetto per... stanchezza, quella volta a Mantova. E noi avevamo appena perso la Coppa Campioni col Celtic. Stessa storia. Andammo a Mantova un po' stanchi, onestamente pensavamo comunque di farcela. Poi prendemmo quel gol incredibile e finì 1-0 per loro. Con la Juve che vinse anche quella volta...". Telefona un interista di lunga memoria. Suarez ascolta, sospira, risponde: "Fu un gol strano, questo sì, perchè Di Giacomo, centravanti del Mantova, non aveva neanche calciato in porta. Era un cross dalla sinistra, mi ricordo. In mezzo non c'era nessuno. La palla sarebbe passata, Sarti provò a bloccarla, finì col deviarla in rete". A fine stagione, gli ricorda lo spettatore, "Sarti finì alla Juve". Un caso? Suarez scuote la testa. "Ma sì, come si fa a pensar male? E' vero, Sarti aveva 37 anni, poteva sembrare una scelta strana, ma finisce tutto qua...".
LODETTI SHOW. Uno spettacolo. "Nello spogliatoio eravamo sempre noi, io e l'Anguilla, a tener viva la compagnia. Se c'era da far casino, eravamo i primi. Come quella volta che Rocco mi pescò all'uscita di una stanza d'albergo...". No, non pensate male. "Macchè, eravamo in ritiro, una volta ci si andava davvero, spesso di venerdì. E allora, dopo cena, qualche volta si finiva nella stanza di uno di noi e si beveva qualcosa in compagnia... Quella sera, toccava a me far scomparire il "corpo del reato". Esco dalla camera, mi guardo in giro, non c'è nessuno. Ho in mano la mia bottiglia di champagne, ovviamente vuota. Faccio due passi e chi spunta in corridoio?". C'è il paron Rocco, chiaro. "E' finita" penso. "Non riesco neanche a parlare, mi blocco, penso di essere diventato di tutti i colori. Rocco mi guarda, sta in silenzio un attimo, poi prende la bottiglia, controlla la marca e mi fa: «Ciò, mona, xe mejo che te me ciami anca mi, la ptossima volta...». Il paron era così...".
INDIMENTICABILE. La serata corre via così, tra una battuta e l'altra, un ricordo, un aneddoto. Con una "fuga nel presente" grazie a Boranga, ancora in campo, in Seconda categoria, anni 69. "Perchè lo faccio? Perchè dentro resti sempre giocatore e certe cose ti mancano da morire. A noi, quando smetti, mancano soprattutto quelle cose, l'aria dello spogliatoio, l'adrenalina della partita, la bellezza di stare in gruppo. Quella che c'è anche qui...Questi li avevo sempre visti e incontrati da avversari e facevano paura. Ora li ho rivisti e capisco che sono stati grandi in campo, ma ancora di più fuori. Forse quello che manca al calcio di oggi, dove ci sono tante cose ma molta meno umanità...". E Lodetti gli ha dato ragione. "Eravamo più veri. Un esempio? Quando trovai il Milan con la Samp, vincemmo 3-2 e io esultai come un matto. Oggi, mi fa un po' ridere chi fa gol contro la sua ex squadra e non festeggia. Ma siamo matti? E poi, l'amicizia. Quando ci si trova, è sempre come allora". Bellissimo ascoltarli. Finisce col grande Suarez che abbraccia gli altri e si mette a saltare: «Chi non salta/interista è...». Saltano tutti. Sta fermo solo il tempo. Potesse, tornerebbe indietro...

Suggerimenti