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Verso Pechino 2022

Goggia tenta il miracolo a Verona. Di Giorgio: «Questa è la missione delle missioni»

Sofia Goggia
Sofia Goggia
Sofia Goggia
Sofia Goggia

La vogliono vedere tutti alle Olimpiadi. Lei, per prima, vuole esserci ai cancelletti di partenza a difendere il suo titolo olimpico. Nel momento più delicato, Sofia Goggia ha scelto Verona come quartier generale per tentare il miracolo. Un altro, dopo il recupero dalla frattura alla tibia per le finali di Coppa del Mondo di Lenzerheide. Stavolta c’è da affrontare una microfrattura del perone e una lesione parziale del legamento crociato del ginocchio sinistro. In tempo per Pechino 2022.

La prima tappa è stata l’ospedale Sacro Cuore di Negrar, per una visita con l’equipe del dottor Claudio Zorzi. Adesso, dopo una prima fase dedicata alla fisioterapia, Goggia sta lavorando insieme al suo preparatore atletico Flavio Di Giorgio, un volto ben conosciuto nel mondo sportivo veronese.

Originario di Varese e laureato alla Swansea University in Sport and Exercise Science, Di Giorgio si è specializzato negli Stati Uniti con i migliori al mondo in fatto di forza ed esplosività, e ha lavorato in passato con il Valpolicella Rugby, con la Calzedonia Verona e con un altro campione olimpionico, Filippo Tortu. Oggi è al fianco di Sofia Goggia ma anche della Nazionale femminile di rugby, e lavora in Magnitudo Training, in via della Scienza. «Dobbiamo crederci, e ci crederemo fino all’ultimo. Se Sofia partirà e si presenterà alla partenza significherà che tutti siamo d’accordo che lei possa arrivare al meglio. Non la metteremo mai sul cancelletto rischiando la sua incolumità», spiega Di Giorgio.

Piedi di piombo, ma anche tanta voglia di scommettere contro la sfortuna, di dimostrare al mondo che nulla è impossibile. «È la missione delle missioni». La chiave è nel tempo. Pochissimo, quello per recuperare per le Olimpiadi. Tantissimo, quello speso fra palestra e fisioterapia, ogni giorno, da prima dell’alba fino all’ora di cena. Questione di prospettive. Questione, soprattutto, di una volontà d’acciaio. «Se adesso sta rispondendo bene è solo perché è lei, è Sofia Goggia. Si sveglia alle sei ogni mattina, finisce di lavorare alle sette della sera, tra terapie e allenamenti. Si fa dieci, dodici ore fra Mantova e Verona», continua Di Giorgio. Che è parte fondamentale di uno sforzo corale studiato per accompagnare la campionessa bergamasca a prendersi la sua chance.

«Anche io ce la metto davvero tutta. Centelliniamo ogni singola scelta, ogni proposta, perché la missione è talmente importante che non si può sbagliare. Alle spalle c’è un lavoro enorme di studio su cosa fare e come farlo». Concretamente, dopo una prima fase esclusivamente di fisioterapia, ora si deve riabituare il ginocchio alle sollecitazioni della gara. «Abbiamo una decina di giorni a disposizione per sperare che la gamba risponda bene, e ci permetta di ampliare i volumi e l’intensità di lavoro. Dobbiamo portarla a sentirsi bene, e sicura, sugli sci» continua Di Giorgio. «Abbiamo fatto la prima seduta di forza lunedì, e sta andando bene. Andiamo avanti così, consapevoli che non c’è seduta che possa replicare una curva ai 140 km all’ora sugli sci». Perché è questo che Sofia Goggia farà, se arriverà a Pechino. Pestare più duro che può, sfidando il cronometro per l’ennesima volta. «È la caratteristica di qualunque atleta a questi livelli. Noi abbiamo il dovere di accompagnarla passo passo. Non possiamo concentrarci sulla vittoria in sé nel lavoro che stiamo svolgendo in questi giorni, anche per non creare inutili pressioni, ma è chiaro che il desiderio è quello». Venerdì 11 febbraio c’è il SuperG, sabato 12 cominciano le prove cronometrate per la discesa, che è fissata per martedì 15. La corsa contro il tempo continua.

Francesca Castagna

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